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Enrico Caruso |
PIEDIMONTE MATESE – Organizzato dall’Associazione Storica del Medio Volturno, domani sabato 27 aprile, con inizio alle ore 17,00 presso la sede dell’Associazione in via Sorgente, si svolgerà il convegno sul tema: Enrico Caruso e Piedimonte. Nel corso dei lavori sarà presentato il libro dal titolo “ Le tecniche di Caruso” tradotto in Italiano dal tenore Maestro Ludovico Valoroso ( traduttore del libro americano sull’Artista). Il convegno sarà aperto dai saluti del presidente dell’ASMV dr. Pasquale Simonelli, che introdurrà la sessione dei lavori , e dal sindaco avv. Vincenzo Cappello. Seguiranno le relazioni del prof. Costantino Leuci su: “Le famiglie Caruso e Baldini nella Piedimonte di fine 800”; del prof. Antonio Bellone su “ La carriera dell’artista”; del dr. Gianfranco Caruso su: “Aneddoti e curiosità sull’artista e sulla famiglia”; dal dr. Alberico Boiano su: “ Aspetti fisiologici e foniatrici dell’Artista”. Concluderà gli interventi il Maestro Ludovico Valoroso (Tenore, traduttore del libro americano sull’Artista) con la presentazione del libro: “ Le tecniche di Caruso” e con l’esecuzione di alcune romanze. Seguirà un momento di convivialità con la cena offerta dalla Banca DCC “San Vincenzo de’ Paoli” di Casagiove e dal Ristorante “ Lo Scialatiello” a Villa Matilde di Piedimonte Matese. Su internet la vita del grande artista. Enrico Caruso nacque a Napoli, il 25 febbraio 1873 e vi morì il 2 agosto 1921. I suoi genitori, Marcellino e Anna Baldini, si erano sposati il 21 agosto 1866 a Piedimonte d'Alife (attuale Piedimonte Matese), dove vivevano, in Via Sorgente 10, in condizioni economiche non buone. Così decisero di recarsi a Napoli, in cerca di lavoro.Qui Marcellino fu assunto nelle officine Meuricroffe, come meccanico. In quella stessa città nacque Enrico, in via Santi Giovanni e Paolo, n. 7, nel quartiere popolare detto di San Giovanniello, situato tra Piazza Ottocalli e Piazza Carlo III. All’età di dieci anni Enrico iniziò il lavoro del padre in una fonderia di Napoli. Dopo aver frequentato le scuole elementari, Enrico Si iscrisse ad una scuola serale per continuare, in qualche modo, gli studi. Oltre al lavoro di operaio meccanico, Enrico esercitava anche quello di disegnatore, alle dipendenze di vari datori di lavoro. Durante il lavoro, egli cantava per rallegrare i compagni. Ben presto fu chiaro a tutti quelli che lo ascoltavano che egli possedeva una voce che lo avrebbe condotto verso un’attività diversa: quella di cantante. Così cominciò a cantare nelle chiese, per prima nel coro dell'oratorio di Padre Giuseppe Bronzetti, nelle stazioni balneari, durante i concerti tenuti per festeggiamenti vari (serenate per innamorate, feste danzanti, onomastici). Egli cantava con voce spontanea, non ancora tecnicamente curata, impostata tra quella del tenore e quella del baritono, quando decise di andare a lezione di musica dal maestro Guglielmo Vergine di Napoli. Soltanto nel 1895 cominciò la sua vera carriera di cantante. Fu il protagonista, a Napoli, di opere liriche molto popolari, quali: il Faust, la Cavalleria rusticana, il Rigoletto, La Traviata, la Gioconda.Successivamente, dal 1897, si recò a cantare in altri importanti teatri italiani, tra cui anche al Teatro lirico di Milano, ove, nel 1898, si esibì nella prima assoluta di Fedora. Dopo lItalia, Caruso andò a cantare in America del Sud, nel 1898, a Buenos Aires; poi, nel 1899 a San Pietroburgo. Nel 1900 cantò alla Scala di Milano, nella Bohème di Puccini, diretta dal maestro Arturo Toscanini.Dal 1903 al 1920 cantò al Metropolitan di New York, con grandissimo successo.Il suo debutto in questo teatro avvenne il 23 Novembre 1903, con il Rigoletto di G. Verdi. Egli diffuse all’estero molte canzoni napoletane, tra le quali: Torna a Surriento, Maria Marì, Marechiaro, O sole mio; e alcune canzoni nuove, come: A vucchella, Pecchè?, Core ‘ngrato, Mamma mia che vò sapè. Di tanto in tanto veniva anche a Piedimonte d’Alife, la città d’origine dei genitori, ove lo si udiva cantare, di notte, al Mercato (piazza Roma), accompagnato da amici. Nel dicembre 1920, fu costretto ad abbandonare la sua attività a causa di un ascesso polmonare, che gli procurava molte sofferenze. La grave malattia polmonare gli provocava, talvolta, emorragie durante la rappresentazione teatrale, ma egli continuava con coraggio fino al termine, senza chiedere alcuna interruzione; una sola volta dovette interrompere la rappresentazione, ma non subito, poiché riuscì a continuare, sanguinante, sino alla fine del primo atto. Nel giugno del 1921, si trasferì in Italia, a Sorrento. Ma si aggravò e fu trasportato a Napoli, in una stanza dell’Hotel Vesuvio, per cercare di salvarlo. Fu tutto inutile: nella mattina del 2 agosto 1921, a 48 anni, morì nella stanza dell’Hotel, in quella stessa Napoli in cui era nato. Fu seppellito, sempre a Napoli, secondo la sua estrema volontà, in una cappella del Cimitero del Pianto, alla Doganella. Nell’Enciclopedia Rizzoli - Larousse, a proposito di Enrico Caruso, è scritto: «Considerato il più grande tenore del nostro tempo, era dotato di una voce dal timbro particolarmente dolce ed espressivo, ricca di sonorità e lucentezza, con inflessioni baritonaleggianti, che gli permise di passare dal repertorio lirico leggero a quello propriamente lirico (soprattutto nel genere verista, di cui fu interprete insuperato) e, negli ultimi anni, a ruoli drammatici. La qualità spiccatamente fonogenica della sua voce gli consentì di incidere numerosissimi dischi».
Nicola Iannitti)