In
occasione dell'inaugurazione (il 23 maggio 1908) dell'impianto elettrico di
illuminazione pubblica a Cerreto Sannita (BN), Pietro Paolo FUSCO scrisse
l'"Ode alla luce elettrica". Pietro
Paolo Fusco era un giovane medico, dinamico, brillante giornalista e
poeta dalla vena facile. Nacque nel 1880 a Pontelandolfo (BN), ma risiedé a San
Lorenzello (BN) e sposò una cerretese. Egli volle così
esprimere il suo sentimento poetico per qualcosa di strabiliante che incantò
tutti: l'avvento della "luce elettrica". L'impianto elettrico
a Cerreto Sannita fu realizzato su progetto del famoso Alfonso Sellaroli da Guardia
Sanframondi (paese confinante con Cerreto S.), conosciuto non soltanto
come “mago degli orologi”, soprattutto da torre,
ma anche come costruttore di ”sismografi”,, ”telefoni” ed ”impianti elettrici” di ogni genere.
Testo dialettale della famosa "Ode alla luce elettrica".
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Testo italiano corrispondente a
quello dialettale
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Com’è bégl’ C'rrit’ agliumèt’
cu la glièttrica mezza a la via,
pære addò agg’ fatt’ i suldèt’
e chiù bégl’ d' Napugl’ sarrìa
`nnanz’ cæs’, Madonna, che abbàgl’
!
Uah! Che abbàgl’, frató p’ Gesuèl’
!
Hann’ miss’ nu cuæs’cavàgl’
ca fa luce p’ cént’ cannél’.
E p’ tutt’ è gliu stéss’ splennór’
da p’ tutt’ t’ pó cunzulà
Dall’Addàlia a gliu cuæp’ da for’
verament’ se po' passià.
I agg’ ditt’ a muglièrma Carmèna,
d’associàrm’ all'illuminazión’,
e m'ha ditt’ ca è megl’ a cannél’
p’ parìcchi’ e divers’ ragión’;
ca, i che saccie, dentr’ a l'ogl’
s'ammolla
i capigl’ e s’allécc’ le dét’,
e si manca, s’arrost’ a braciòl’
`ncopp’ a ciamm’ d’ glium’ de
crét’..
Patratè! Ch’ ragión’ so cchéss’
d’ muglièrma? Ch’ pozz’ arraggià!
Song n'om’ d’ scienz’ e prugrèss’,
teng’ i puézz’, e ma ogl’ accattà.
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Come è bello Cerreto illuminato
con la luce elettrica lungo le strade,
Mi sembra (di stare) dove ho fatto il soldato
e più bello di Napoli appare
Davanti casa, Madonna, che abbaglio!
Oh! Che abbaglio, “fratello, per
Giosuè"
hanno installato (un lampione che ha la forma di) un caciocavallo
che fa la luce di cento candele.
Dappertutto è lo stesso splendore,
dappertutto ti puoi consolare
Da casa Dalio (estremità inferiore del centro abitato) al "capo di
fuori" (°)
veramente si può passeggiare.
Ho detto a mia moglie Carmela,
di voler diventare socio per avere
l'illuminazione (in casa),
e mi ha detto che va meglio la candela
per parecchie e diverse ragioni;
che so, nell'olio si bagna
i capelli e si lecca le dita,
oppure si arrostisce la braciola
sulla fiamma di lume di creta...
Oh Padreterno! Che ragioni son queste
di mia moglie? Ch’ella possa prendere la rabbia!
Sono un uomo di scienza e progresso,
ho i soldi, e me la voglio comprare (la luce elettrica).
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(°) - cuæp’ da for’, ossia la
“testa di fuori” (sporgente). Si tratta del nome di una località alla periferia
Nord/Est del centro abitato di Cerreto Sannita, così denominata perché,
terminando in quel luogo il centro abitato, è possibile osservare la campagna
cerretese sporgendo semplicemente la testa oltre l’ultimo fabbricato.
Ecco chi era Pietro Paolo
FUSCO l’autore dell’ode
alla luce elettrica (Com’è bégl’ C'rrit’ agliumèt’, …….).
Il poeta fanciullo Pietro Paolo FUSCO nacque il 16
marzo 1880 a Pontelandolfo (BN), ma risiedé a San Lorenzello (BN). Compiuti i primi studi nel "Seminario diocesiano" di Cerreto
Sannita (BN), Pietro Paolo FUSCO continuò
il corso liceale presso il liceo classico "Giannone" di Benevento. Nel luglio 1905 si laureò in Medicina nell’Università di Napoli,
discutendo una tesi che fece epoca: “Psicologia
della morte o le ultime sensazioni della vita”. Dopo essersi specializzato in ostetricia, bromatologia, medicina navale
e coloniale ed aver frequentato, a Parigi, i corsi di Charcot, iniziò la sua
attività medica nelle sua zona. Ma era uomo di ingegno vivace e di natura irrequieta. Oltretutto aveva
attinto alle sorgenti familiari un’ansia di giustizia sociale, priva di ogni
forma demagogica. Divenne, perciò, subito il medico dei poveri, in favore dei
quali aprì, insieme al compianto dott. Umberto Franco, un dispensario medico –
chirurgico. Alternando il lavoro con lo studio, iniziò una serie di pubblicazioni
riguardanti malattie sociali. Trovò perfino il tempo di redigere “L’eco del Sannio”, un
periodico che aveva come scopo “l’incremento del
commercio, dell’industria e dell’agricoltura nel Sannio e nelle regioni
limitrofe”, che vide la luce il 12 ottobre 1907. In realtà il foglio, che tra l’altro reclamizzava i migliori prodotti
dell’industria sannita, in particolare di quella cerretese e laurentina, aveva
l’occhio fisso alla politica di Cerreto e del Sannio. Quand’era giovanottino (a 15 anni), tutto attillato, con orologio in
tasca e bastoncino, aveva già fatto esperienza di questo genere, con la
pubblicazione del foglio “L’Ira
di dio”, improvvisandosi anche strillone, coprendo il fragore
degli ottoni e dominando i colpi di grancassa della banda musicale nella
vigilia di San Lorenzo del 1895. Il
poeta fanciullo, dalla vena facile, era cresciuto e, con gli anni, era maturata
anche la satira politica. Che, però, fu sempre bonaria e soprattutto originata
dal desiderio di bene, perciò anche gli uomini politici presi di mira gli
sorrisero e talvolta lo ringraziarono. Fu
proprio l’irrequietezza a farlo trasferire in Libia come assistente presso
l’Ospedale Civile Vittorio Emanuele III di Tripoli. L’ingegno svegliato che aveva
sortito dalla natura e quella calda irrequietezza spirituale - affermava il fratello Enrico Maria - fu tutto
il suo temperamento, più che carattere, perché in lui l’agilità del pensiero
era così naturata alla persona fisica che, al balenio di quello sempre
corrispondeva lo scatto agile del corpo. Tornò nel 1916 per
indossare la divisa militare. Tenente, poi capitano medico, fu all’Asiago e
alla Bainsizza. Un treno lo investiva tragicamente a Santa Maria Capua Vetere
(Caserta), il 24 gennaio 1918 (aveva 38 anni): lasciava la moglie Bianca, dolce
figura di signora appartenente alla famiglia Mazzacane di Cerreto S., e la
figlia Licia Adriana Trieste, nata a Tripoli il 23 maggio 1915. San Lorenzello intitolò all’illustre figlio Pietro Paolo FUSCO un’aula scolastica, nell’edificio dell’ex
convento carmelitano, e successivamente una strada.
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Le
notizie sull’autore della famosa poesia dialettale, sono state tratte dal libro“SAN LORENZELLO
E LA VALLE DEL TITERNO” di don Nicola Vigliotti, sacerdote e professore
molto conosciuto di latino e greco.
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Perché fu scritta l’Ode alla luce elettrica
La “luce elettrica” costituì un evento
strabiliante che incantò tutti, e non solo a Cerreto Sannita nel 1908. Essa
venne utilizzata prima per l’illuminazione pubblica (delle strade) e poi,
gradualmente, nelle case.
Dai tempi remoti
l’evoluzione dell’illuminazione aveva fatto registrare solo risultati di scarsa
importanza:
- dalla “lucerna” alla “torcia antica”,
- alla “lampada
ad olio”,
- alla "lampada
ad acetilene (carburo di calcio)",
- al “lume
a petrolio”.
- alla “candela”.
Le lampade ad olio erano molto diffuse nel mondo antico, ne
sono state ritrovate anche in Egitto, Grecia e a Roma. Erano recipienti aperti di pietra, argilla, osso
o conchiglia nelle quali venivano utilizzati grassi animali e vegetali
come combustibile. La lampada a
carburo o ad acetilene
fu inventata intorno al 1900 e costituì un'innovazione importante poiché
forniva molta più luce delle lampade a petrolio o delle lucerne. In passato ne sono state prodotte versioni adatte all'uso
domestico. La lampada utilizza come combustibile l'acetilene, un gas più leggero
dell'aria prodotto dalla reazione chimica generata dal contatto dell'acqua con
il carburo
di calcio. La
lampada ad acetilene è composta da due contenitori sovrapposti: in quello
inferiore è contenuto il carburo di calcio, in
quello superiore l'acqua. L'acqua, attraverso un foro (regolato da una
vite), precipita a gocce sul carburo innescando la reazione chimica che genera l'acetilene;
quest'ultimo, attraverso un condotto che attraversa il contenitore dell'acqua,
viene indirizzato verso un beccuccio posto sulla parte superiore della lampada,
da cui fuoriesce e dove può essere incendiato con un fiammifero o un
apparato piezoelettrico. I due contenitori, quello del carburo e
quello dell'acqua, sono accorpati con un attacco a baionetta o a vite. Il tutto
a rassomigliare una caffettiera. Sulla parte superiore del contenitore
dell'acqua sono presenti, oltre al beccuccio di fuoriuscita dell'acetilene,
anche la valvola per il carico dell'acqua e la vite di regolazione del flusso
di caduta dell'acqua. Dalle parole degli anziani, anche a distanza
di tanto tempo, traspare ancora oggi la grandissima emozione che essi (o i loro
genitori) provarono con l’avvento della “luce elettrica” in sostituzione dei
modesti strumenti di illuminazione che venivano utilizzati. Con l’inaugurazione della “luce elettrica”
nel 1908 a Cerreto Sannita, un giovane e dinamico medico di 28 anni, Pietro Paolo Fusco, erudito e di
ingegno vivace, con la passione per il giornalismo e poeta dalla vena
facile, rimase anch’egli affascinato e volle elogiare la “luce elettrica”
con un’ode, ancora oggi, a distanza di oltre 100 anni, assai famosa. Il primo verso:”Com’è bégl’ C'rrit’ agliumèt’” viene
ancora ripetuto con una certa frequenza tra amici e conoscenti, anche occasionalmente
e in svariate circostanze. Quei pochi che commettono l’errore di dire ”Quant’è bégl’ ……..”, vengono
quasi sempre subito corretti con la giusta dicitura: ”Com’è bégl’ …….”.
Ma se Pietro Paolo Fusco, con la sua vena poetica, ci consente ancora
oggi di ricordare l’avvento della luce elettrica a Cerreto Sannita, non bisogna
ignorare che l’impianto di illuminazione pubblica in questo comune fu
realizzato su progetto del famoso Alfonso Sellaroli (1855 – 1940) da Guardia Sanframondi, conosciuto non
soltanto come “mago degli orologi” (soprattutto
da torre), ma anche come costruttore
di ”sismografi”, ”telefoni” ed ”impianti
elettrici” di ogni genere. Sellaroli andò ad installare i suoi orologi da torre (soprattutto sui campanili
delle chiese) un po’ ovunque. Ovviamente ne installò molti nella nostra regione
e in quelle limitrofe, ma andò anche all’estero, e persino in Terra Santa. Pare che il guardiese Sellaroli avesse già messo a punto, su incarico
dell'amministrazione comunale di Guardia Sanframondi, un progetto di pubblica
illuminazione per il centro abitato del suo paese, ma poi, essendo stato
abbandonato almeno temporaneamente tale progetto a Guardia, Sellaroli lo adattò e lo cedette al limitrofo
comune di Cerreto Sannita su richiesta dell'amministrazione comunale cerretese. Sul personaggio Alfonso Sellaroli e
sulla sua opera è stato scritto un libro molto interessante pubblicato nel mese
di luglio 2002 (con due foto di Sellaroli provenienti
dall’archivio privato di Eligio Garofano), dal titolo “NEL RICORDO DEI RINTOCCHI”, edito
dalla Comunità Montana del Titerno – Autore: Enrico Garofano. Più o meno in quello stesso
periodo anche Cusano
Mutri (BN), comune confinante con Cerreto Sannita in direzione
Nord-Ovest, ebbe la luce elettrica.
Giovan Giusepe Valente, classe 1931, residente a
Cusano Mutri in Via Calvario, ci ha raccontato a riguardo un suo prezioso
ricordo: la sua nonna paterna gli diceva spesso che nel 1904, quando lei comprò
nei pressi del municipio la casa in cui egli abita tuttora, c’era già la luce
elettrica. Probabilmente erano ancora poche allora a
Cusano Mutri le case (nei dintorni del municipio) dotate di
luce elettrica, che veniva prodotta da una turbina azionata da un motore a
scoppio. Nelle case del centro abitato di Cusano Mutri
la luce elettrica comunque si diffuse subito dopo la
Prima Guerra Mondiale.
Pietraroja, comune confinante con Cusano
Mutri e con Cerreto Sannita, in direzione nord da quest'ultimo, per interessamento
soprattutto del famoso arciprete don
Lorenzo De Carlo (1884 –
1967), ebbe la luce elettrica nel 1937, con una turbina azionata
dall’acqua che, sfruttando un notevole dislivello, scendeva a forte pressione
verso la turbina in una conduttura appositamente costruita.
“E’ un passo avanti alla candela, alla lampada
ad olio, al lume a petrolio”, usava
dire don Lorenzo De Carlo. Sulla facciata della chiesa dell’Assunta a
Pietraroja (alla sinistra di chi si trova, dall’antistante Piazza San Nicola, ad
osservare la facciata della chiesa in corrispondenza della porta centrale di
quest’ultima), quasi vicino allo spigolo, don Lorenzo De Carlo fece
affiggere, ben visibile, una grossa lastra di marmo con la scritta che segue,
contenente anche la data di inaugurazione della pubblica illuminazione a
Pietraroja:
I POSTERI RICORDINO
IL XXVI GENNAIO
MCMXXXII
IL PRINCIPE UMBERTO
DI SAVOIA
PORTAVA TRA I
NOSTRI MONTI
IL SUO REGAL
SORRISO
ADORANDO GENUFLESSO
IN QUESTO TEMPIO
IL XXVI GENNAIO MCMXXXVII
PIETRAROJA FESTANTE
ILLUMINAVA LE VIE E
LE CASE
ELETTRICAMENTE
DEDICANDO LA LUCE
AUSPICIO DI GLORIE
PIÙ FULGIDE
AL PONTEFICE
IMMORTALE
PIO XI
AL RE IMPERATORE
AL DUCE FONDATORE
DELL’IMPERO
____________________________
ARCIPRETE LORENZO
DE CARLO
POSE
ANNO MCMXXXVII – XV – II - IMPERO
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Ho realizzato questo
scritto (molto più sinteticamente) alcuni anni fa, non solo nel tentativo di
consentire ai miei alunni dell’Istituto Tecnico Statale “MARZIO CARAFA” di
Cerreto Sannita (BN) di apprezzare meglio una famosa poesia dialettale
cerretese, ma anche di “curiosare” su un importante avvenimento di circa un
secolo fa.
Lo scritto, però,
potrebbe interessare anche altre persone, di qualsiasi età, ceto sociale e
cultura; e serve pure a ricordare:
- che l'avvento della luce elettrica è un fatto praticamente recente
nella storia plurimillenaria dell'umanità;
- che la luce elettrica ha segnato una straordinaria svolta epocale nelle
condizioni di vita dell'uomo ed ha costituito la premessa per uno sviluppo
economico e sociale strepitosi, prima inimmaginabili.
Emidio Civitillo