15 giugno 2011

Referendum e gestione pubblica dell’acqua a Caserta: Un modello disastroso. Presidente Zinzi, se ci sei batti un colpo !

Con il referendum del 12 e 13 giugno u.s. gli Italiani hanno sancito che vogliono la “Gestione pubblica” dell’acqua. Gli Italiani auspicano e richiedono fortemente una efficiente governance dell’acqua. La governance dell’acqua determina chi riceve l’acqua, quale acqua, come, quando, il costo. I molteplici sistemi di governance dell’acqua realizzati in ambito nazionale, riflettono e sono connessi alle diverse condizioni sociali, culturali e politiche presenti nelle realtà territoriali. Si va da quelle dirette dei Comuni a quelle degli ATO, da quelle delle società miste sino agli appalti a terzi. Gli Italiani hanno indicano con chiarezza il loro intendimento, mentre si può tranquillamente affermare che, “sotto il pelo dell’acqua”  degli addetti ai lavori della materia regna molta confusione. Confusione di ruoli, di idee, di termini, di norme, in una parola semplicemente e soprattutto confusione politica. Statistiche ufficiali dimostrano che spostandosi da una parte all’altra dell’Italia si riscontrano grandissime diversità dei valori riferiti a costi di gestione, tariffe applicate, perdite in rete, sprechi e abusivismo. Molteplici casi di sprechi e clientelismo politico si manifestano attraverso il proliferare di consorzi e società pubbliche con i relativi Consigli di Amministrazione che per lo più vengono utilizzati per una mera distribuzione di  poltrone senza alcuna considerazione delle competenze possedute dagli incaricati.
Statistiche dimostrano che spesso, troppo spesso, le tariffe applicate, frutto di scelte e ragionamenti “politici” mirati a guadagnare consensi elettorali, non coprono i costi e determinano perdite di gestione che, per alchimie di bilanci, pur non risultando immediatamente visibili, ricadono nelle passività degli Enti Locali e quindi, comunque, a carico dell’utenza.
E quando l’attenzione si pone nella realtà a noi più vicina, dove si è direttamente interessati, nasce spontanea la domanda: a Caserta cosa succede? Qual è il sistema di gestione dell’ acqua? Inevitabilmente, nel nostro caso, lo sguardo va al “Consorzio Idrico Terra di Lavoro”, costituito da 54 Comuni e dalla Provincia di Caserta che è “soggetto di riferimento” per il numero di quote possedute. In questo nostro caso, i numeri e i parametri sono impietosi:
 Ogni attività di manutenzione, di rilevamento consumi ed emissione ruoli affidate a soggetti terzi. Debiti per circa 130 milioni di Euro, Pignoramenti da parte di soggetti fornitori quali Acquacampania, Enel, Ditte appaltatrici della  manutenzione e delle forniture, professionisti a vario titolo destinatari di incarichi. Distribuzione e sovrapposizioni di incarichi e consulenze, soprattutto legali, che generano parcelle di per sé di valori superiori alle entrate per canoni idrici. Certamente un “modello casertano” estremamente negativo. Un modello negativo che pesa direttamente sull’utenza, sui Comuni consorziati, sull’Ente Provincia.  Un modello che, anche alla luce dell’esito referendario, richiede un intervento immediato e radicale a cominciare dalla sostituzione dell’attuale Consiglio di Amministrazione, peraltro già scaduto e la cui composizione numerica non rispetta la normativa vigente, a cui vanno direttamente imputati numeri e parametri disastrosi che incidono direttamente, in maniera proporzionale ed  irreparabile, sui bilanci dei  consorziati. Un intervento che, per ruolo politico ed amministrativo, è attribuito al “soggetto di riferimento”, cioè il Presidente della Provincia di Caserta. E’ proprio il caso di dire: On. Domenico Zinzi, se ci sei batti un colpo! Un colpo che sia un atto concreto nella direzione della buona e sana amministrazione. Un atto anche mirato a dare riscontro al voto espresso dagli elettori in occasione degli ultimi  rinnovi delle Amministrazioni Comunali e della stessa  Amministrazione Provinciale componenti il Consorzio.

                                                                                         Francesco Melillo

IMBARCAZIONE A PICCO NELLE ACQUE DEL GOLFO DI GAETA, SALVATI I DUE OCCUPANTI.


Brutta avventura, ma lieto fine per due ragazzi napoletani che, un bagaglio non del tutto insufficiente in fatto di conoscenze del mare e del suo mondo, hanno rischiato di morire annegati al largo del Golfo di Gaeta in seguito ad un’avaria alle parti meccaniche del natante a motore su cui erano imbarcati, colato a picco in pochi minuti. La coppia di partenopei, Marco M., di 27 anni, e Fabio C., di 26, sono stati salvati dal pronto intervento operato dagli uomini della Capitaneria di Porto di Gaeta, che, al buon fine dell’operazione, hanno dispiegato tutti mezzi di cui disponevano, facendo intervenire anche due elicotteri della Base dell’Aeronautica militare di Grazzanise, nel Casertano. Erano le 12.30 di ieri quando, dal natante da diporto finito in fondo alle acque del Tirreno laziale, è partito, tramite una chiamata al 1530(Servizio di Emergenza Ambientale),  l’SOS lanciato dai due occupanti imbarcazione stessa, un “12 metri” modello “Marò Marine 35”, registrato negli appositi elenchi del Compartimento Marittimo di Napoli. L’episodio, sulla cui natura e dinamica i vertici della Capitaneria di Porto compente per territorio hanno  aperto una inchiesta(chiarirà il perché, per in condizioni meteorologiche ottimali e con il mare appena a forza 3, l’imbarcazione in oggetto è affondata), è avvenuto  circa dieci miglia dalla costa, nella striscia di mare che si frappone tra Gaeta e l’isola di Ponza. La poca avvedutezza dei due improvvisati marinai, che erano partiti da porto di Nisida alla volta di quello di Sperlonga, ha reso un tantino problematiche le operazioni dei loro soccorritori. La coppia di giovani, di cui uno in evidente stato confusionale e in preda ad una crisi di nervi, avevo fornito indicazioni inesatte circa la loro posizione al telefonista del 1530. Avevano affermato di trovarsi a due miglia dalla costa, quando, in effetti, la distanza tra loro e la terraferma era di circa dieci miglia. Ad individuarli gli elicotteri partita da Grazzanise, che, allertate le altre unità d’emergenza intervenute, hanno permesso il recupero dei due naufraghi e il loro trasporto presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale “Dono Svizzero”, di Formia. Entrambi, infatti, presentavano traumi e fratture in diverse parti del corpo. 

Daniele Palazzo

SLOW FOOD DAY A CASERTA

Il 18 giugno 2011 Slow Food compie 25 anni SLOW FOOD DAY. Appuntamento dalle ore 18,00 per assaggiare i prodotti dell’agricoltura Casertana e il “Guanto caleno”, il dolce tipico e solidale. Un confronto aperto con i protagonisti delle esperienze di orti sociali, per ascoltare musica popolare, incontrare esponenti della cultura e dell'enogastronomia locale. Saranno presenti produttori di vini, frutta, olive da mensa dei Monti Tifatini e dell’Agro Aversano. Il Gruppo di Acquisto Solidale di Marcianise proporrà ortaggi da agricoltura biodinamica e assaggi di pane preparato con farina di grano integrale biologico “Solina” e “Saragolla”.
L'azienda agricola biologica Michele Montella di Frignano presenterà le sue fragole biologiche.
I produttori di olive da mensa “Aitana” di San Prisco presenteranno i loro gustosi prodotti e… musica popolare dei “Tamborea” Per celebrare il 25° compleanno, le Condotte Slow Food festeggiano in 300 piazze italiane, con un obiettivo: raccontare l'associazione, la sua filosofia, i suoi progetti. Protagonisti di questa prima edizione, saranno i produttori locali: dalle loro voci sarà possibile scoprire come Slow Food promuove la produzione locale, di qualità e di piccola scala. Un modello di produzione alimentare che fa bene alle persone e all'ambiente. Durante la manifestazione Slow Food Caserta lancerà la raccolta di fondi
Mille Orti in Africa. un’iniziativa in linea con la filosofia Slow Food della sovranità alimentare.

Particolari e dettagli su www.fondazioneslowfood.it

Volalto - Luca Bobbio assistente di Monfreda.

Caserta - (di Antonio Luisè) - Dopo l’arrivo di Massimo Monfreda in qualità di capo allenatore,  alla Volalto serviva ancora completare il tassello per la figura di vice. Presto fatto. La società comunica, infatti, di aver raggiunto l’accordo con Luca Bobbio che andrà a ricopre l’incarico di assistente di Monfreda. Lo scorso anno alla guida dell’ Alp Aversa con il quale ha vinto il campionato di Prima Divisione approdando nel torneo di serie D, il neo coach rosanero non nasconde la sua soddisfazione per l’incarico avuto. “ Arrivo in un club importante e sarò chiamato a collaborare con un tecnico esperto e sicuro livello quale è Monfreda. Sono contento della opportunità avuta e metterò a disposizione della squadra tutto il mio entusiasmo e competenza”. Sistemata la panchina, adesso la Volalto si sta dedicando al completamento del roster. Primo obbiettivo l’ingaggio di una centrale. Esperta, forte, carismatica, abituata a giocare tornei di vertice, una atleta che nelle intenzioni della società, insieme alla Fattaccio, dovrà garantire concreto peso offensivo, smisurata esperienza in campo, preziosi consigli nello spogliatoio.

Lavoro Minorile: Save the Children, ancora troppi i minori vittime di sfruttamento lavorativo nel mondo e in Italia .

Povertà sempre più diffusa a causa della crisi economica e dell’aumento dei prezzi del cibo, mancata scolarizzazione e contesti socio economici a rischio: ecco le cause che continuano ad essere alla base della difficoltà di abbattere il numero di bambini coinvolti e sfruttati nel fenomeno del lavoro minorile in tutto il mondo. Alla vigilia della Giornata Mondiale contro lo Sfruttamento del Lavoro Minorile, Save the Children vuole puntare i riflettori sui 115 milioni i bambini coinvolti in lavori rischiosi nel mondo. Il fenomeno riguarda nella maggioranza dei casi gli adolescenti, con la fascia d’età tra i 15 e i 17, ma sono tanti anche i bambini piccoli, a partire da 5 anni, che fanno parte delle schiere di minori che lavorano. Quasi un terzo del totale  sono bambine. La maggior parte di coloro che compiono lavori pericolosi lo fa nell’ambito agricolo (59%), seguito da quello dei servizi (30%, prevalentemente come domestici o per strada) e dall’industria (11%). Benché la maggioranza di essi si concentri in Asia, coloro che compiono lavori più rischiosi vivono per la maggior parte nell’Africa sub sahariana. “Dai bambini che lavorano nei campi, esposti a pesticidi e fertilizzanti nocivi, a quelli che ogni giorno scendono nelle miniere o lavorano nell’edilizia senza le adeguate condizioni di sicurezza, a coloro che vivono come domestici presso altre famiglie, esposti al rischio di abuso, perché devono ripagare un debito contratto dalla propria, o ancora alle vittime di tratta e sfruttamento sessuale: dobbiamo dare voce a questo esercito silenzioso di piccoli lavoratori e soprattutto dar loro un futuro”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children in Italia. “È necessario rispettare gli standard internazionali sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile. Possiamo intervenire con incisive politiche e azioni di riduzione della povertà, cercando di assicurare adeguata protezione alle vittime di sfruttamento lavorativo, garantire ai minori costretti a lavorare accesso ad un’educazione flessibile e gratuita che permetta loro di affrancarsi dalla condizione di sfruttamento e di costruirsi un futuro.” Save the Children lavora in tutto il mondo per combattere lo sfruttamento lavorativo dei minori e rimuovere le cause dello stesso attraverso, ad esempio, programmi di educazione informale per bambini lavoratori boliviani e i ragazzi di strada haitiani, rafforzando i meccanismi di protezione dei bambini e prevenendo la tratta nell’area di confine tra Costa d’Avorio, Burkina Faso e Mali, supportando le famiglie in modo che non siano costrette a mandare i bambini a lavorare nelle zone rurali del Pakistan, o ancora proteggendo i bambini sfruttati come domestici o nelle piantagioni di cotone in India e infine affrancando dalla loro condizione gli ex bambini soldato in Uganda o nella Repubblica Democratica del Congo.
Fenomeno sommerso in Italia
“Il lavoro minorile in Italia è invisibile o trascurato nelle statistiche ufficiali,  ma è ben visibile sulle strade delle nostre città”, dichiara Raffaela Milano, Direttore dei programmi Italia - Europa di Save the Children. Benché le rilevazioni ufficiali si fermino al 2002[1], le ultime stime disponibili parlano di circa 500.000 minori coinvolti nel nostro paese in attività lavorative di vario tipo[2]”. Un grande bacino di reclutamento, secondo l’organizzazione, è senz’altro rappresentato dai minori stranieri che arrivano da soli in Italia, spesso dopo aver contratto un debito pesante con i trafficanti. Si tratta di minori facili vittime di circuiti di sfruttamento lavorativo, sessuale, nell’ambito della criminalità.  Il fenomeno dello sfruttamento sul lavoro dei minori non è tuttavia limitato ai minori di origine straniera. Le ricerche condotte fanno rilevare anche la presenza di numerosi minori di origine italiana, in particolare nel sud Italia ma non solo. Alti fattori di rischio riguardano minori maschi, che vivono in una famiglia mono-genitoriale o in un nucleo familiare con più minori, e risiedono in un territorio con un alto tasso di disoccupazione, appartenenti a famiglie monoreddito o con un reddito inferiore al 50% della media nazionale.[3] Sono circa 1.000 i minori in Italia identificati come vittime di tratta  fra il 2000 e il 2008, e si stima inoltre un ampio numero di minori coinvolti in lavori dannosi. “Non possiamo assuefarci all’idea che vi siano bambini sfruttati lavorativamente e che debbano per questo rinunciare a loro diritti fondamentali come quello di andare a scuola e giocare”, conclude Raffaela Milano. Save the Children sollecita all’Italia una precisa assunzione di responsabilità su questo problema, attraverso l’adozione di un piano d’azione per monitorare e combattere il fenomeno, secondo quanto previsto dalla Convenzione Ilo 182 contro le peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile.
Save the Children chiede di:
·         attivare, presso ogni Prefettura, Comitati di contrasto allo sfruttamento sul lavoro dei minori, che – al pari dei Comitati per l’ordine pubblico e la sicurezza – abbiamo l’obiettivo di coordinare e rafforzare l’intervento di contrasto tra tutti gli attori coinvolti (forze dell’ordine, ispettorato del lavoro, asl, organizzazioni sindacali, etc.)
·         potenziare i  sistemi di protezione per le vittime e per i minori a rischio, garantendo un sostegno continuativo all’avvio di percorsi flessibili di reinserimento scolastico, di formazione e di lavoro. Su questo ultimo aspetto, è necessaria una assunzione di responsabilità anche da parte del mondo dell’impresa per  mettere a disposizione dei minori in particolari condizioni di rischio percorsi di inserimento lavorativo “puliti” (apprendistato, borse lavoro,..)
·         realizzare una nuova indagine nazionale sul fenomeno del lavoro minorile in Italia, che avvenga coinvolgendo tutti gli attori territoriali, tra cui le organizzazioni non profit e le organizzazioni sindacali, e che dia voce agli stessi minori coinvolti

Alcune storie
R. lavora in un laboratorio di sartoria  da settembre 2010. Ha 17 anni e vive in una casa famiglia e lavora nella sartoria dalle 9:00 alle 19:00, con una pausa pranzo di 30 minuti. Per raggiungere il posto di lavoro impiega 2 ore, deve attraversare tutta la città, pertanto esce di casa alle 7:00 e rientra a casa alle 21:00. È partito dall’Afghanistan quando aveva dieci anni, e adesso è stanco. Stanco perché lavora più di dieci ore al giorno, tutti i giorni, esclusa la domenica, per 600 euro al mese, anche se fino a due mesi fa erano 400.  Durante un convegno internazionale, un paio di domeniche fa, ha fatto una domanda in inglese rivolta alle 150 persone che aveva davanti: “Un ragazzo come me, adesso, da qui, che può fare?”. E’ stato riconosciuto rifugiato e vuole trovare un modo per ricominciare a studiare.
H. ha 16 anni è egiziano, con la promessa di un brillante futuro alcune persone hanno proposto ai suoi genitori di mandarlo in Italia. È sbarcato sulle coste siciliane di notte e, subito dopo, è stato portato e rinchiuso in un casolare insieme ad altri connazionali. Ha dovuto telefonare a casa e chiedere ai genitori altri soldi per il viaggio. H. insieme ad altri ragazzi, in piccoli gruppi, sono stati portati in 3 grandi città: Roma, Milano e Torino. Arrivato a Milano H. è stato costretto a vivere in un piccolo appartamento con altri connazionali. Dormivano in 5 in una stanza. Lavorava di notte al mercato ortofrutticolo guadagnando tra i 20 e gli 80 centesimi a bancale, a secondo che il suo datore di lavoro fosse un connazionale o un italiano. Per entrare al mercato era costretto a scavalcare i cancelli, rischiando di farsi male. Durante il giorno restava chiuso in casa. Un giorno è riuscito a scappare di casa e per strada ha incontrato un operatore di Save the Children, egiziano come lui, a cui ha raccontato, piangendo, la sua storia. Ora H. vive in una comunità per minori, ha un permesso di soggiorno e studia per prendere il diploma di terza media.
I. è nigeriano, ha 17 anni ed è appena arrivato in Italia dalla Libia, in seguito ad un viaggio in mare durato 5 giorni, insieme ad altre 500 persone. I. si trovava in Libia per lavorare e mantenere la madre e la sorella più piccola rimaste in Nigeria. Da 2 anni lavorava come muratore. Ha un unico pensiero fisso e un’unica frase che continua a ripetere: “devo lavorare”. È pronto ad accettare qualunque tipo di lavoro in Italia, a qualunque condizione: deve continuare a provvedere al sostentamento della madre e della sorella.
M. ha 16 anni ed è originario del Bangladesh, gli operatori di Save the Children lo incontrano per strada mentre è al semaforo e offre agli automobilisti di lavare il parabrezza. M. racconta agli operatori di Save the Children di essere fuggito dalla comunità per minori,  in cui era stato portato dalle Forze dell’Ordine, perché non si trovava bene. Racconta gli era stata data la possibilità di lavorare presso l’autofficina di un amico del responsabile della comunità, ma guadagnava pochissimo per molte ore di lavoro: lavorava anche 10 ore al giorno e veniva pagato saltuariamente poche decine di euro. Aveva la sensazione che non tutto lo stipendio arrivasse a lui. M. non vuole più tornare in comunità: preferisce stare con i suoi connazionali e tenere per sé i guadagni di una dura giornata di lavoro.

Sono disponibili anche foto di minori lavoratori in Italia e all’estero.
Per  ulteriori informazioni:  Ufficio Stampa Save the Children Italia
06.48070071-001-23-81press@savethechildren.it, www.savethechildren.it

Il Comitato Informativo Referendario Terra di Lavoro esulta per i Referendum.

Tre mesi di preparazione per mettere su un trionfo elettorale senza eguali, centinaia di giovani e meno giovani si sono recati alle urne spinti dalla  dignità e dalla voglia di cambiare le scelte di chi continuamente attacca i beni comuni, la vita, la salute, la legalità.
L’impegno del “Comitato Informativo Referendario Terra di Lavoro” ha dato vita ad un nuovo ORGOGLIO  ed una scossa di DIGNITÀ nella martoriata provincia di Caserta, che ben si gusta oggi i risultati referendari, festeggiando nei Paesi di Terra di Lavoro.
Tutto ciò è stato reso possibile grazie all’impegno, alla voglia, alla capacità di comunicare intraprendendo forme di partecipazione, di condivisione tra le popolazioni. Le lotte per la difesa dei beni comuni hanno dato vita ad una nuova volontà qui in Terra di Lavoro, dove l’idea di società e di organizzazione sociale si è schierata contro la devastazione sociale e culturale di una territorio già più volte martoriata dagli scempi ambientali e dall'individualismo fluttuante.
Questa volta tanti di noi hanno  deciso per un secco NO, votando SI per la difesa dei beni comuni; ciò è stato possibile  grazie ai molteplici presidi nelle piazze, nei mercati, nelle assemblee, dove sono state costituite  nuove forme di azione, agitazione, organizzazione, nell’intento di informare e far riflettere i cittadini, ove la nostra voglia di emancipazione a difesa dei beni comuni ha portato oggi alla vittoria in questo territorio  in cui il livello di partecipazione alle sfide ambientali era ormai scarno.
La partecipazione dei singoli cittadini, delle associazioni e dei centri sociali, hanno rilanciato con la costituzione di questo comitato referendario informativo, nuovi percorsi e nuove connessioni a difesa dei beni comuni dando l’occasione di mettere in piedi un’idea altra di società e di relazioni, per prendere in mano le nostre vite, per difendere la nostra salute, i nostri diritti, le nostre terre.
Abbiamo promesso tutt’insieme di occuparci dal basso, delle problematicità della nostra sempre più iniqua società, di risvegliare la coscienza critica in tutti coloro che hanno a cuore il proprio futuro e che credono nella possibilità di cambiare in meglio il nostro territorio.
Oggi festeggiamo il risultato, ma la promessa continua …

Il "Comitato Informativo Referendario - Terra di Lavoro"

Serve un nuovo modo di fare politica, che riporti al centro famiglia e lavoro.

Il risultato del referendum non e’ altro che un segno del profondo disagio e del presente malcontento delle famiglie e delle aziende, che non ha niente a che fare con destra e sinistra. Serve una grande alternativa che crei un nuovo centrodestra capace di dare risposte reali e pratiche che non sono quelle proposte dalla sinistra che sa solo strumentalizzare scelte che la gente fa per enfatizzare la propria critica situazione. Se vogliamo risanare le famiglie italiane serve una riforma economica atta a ridare vita e sopravvivenza alla piccola impresa che rappresenta la parte maggiore del settore economico del paese e che rappresenta le famiglie tramite  le partite iva individuali, gli autonomi e le ditte a gestione familiare. Gli imprenditori sono stanchi, non ne possono piu’ di questo massacro mediatico che parla solo di sinistra, di bunga bunga e sfrutta l’unica arma di cui e’ fornita, l’odio verso Berlusconi . Fino a quando l’italia sara’ governata da gruppi responsabili……di chiedere poltrone, da personalismi e da un opposizione incapace di creare un'alternativa, l’unico modo per rilanciare una rinascita del nostro paese e’ la scesa in campo dei piccoli imprenditori. Protagonisti della rinascita del dopoguerra e sicuramente in grado di affrontare questa sfida di un paese lasciato allo sbando senza una strada programmata  da percorrere. Serve una nuova vita per il paese, un nuovo gruppo di politici che siano in grado di fare riforme necessarie ed impopolari, tagli pesanti ed impopolari  alle spese e ai privilegi di tutte le caste, Confindustria compresa. Noi saremo in campo molto presto con giovani motivati che conoscono i problemi di un'economia ferma  e che vogliono risanare  le piccole imprese per rilanciare il ruolo sociale dell’azienda in quanto fondamento del benessere e della serenita’ della famiglia, sia dell’imprenditore, sia del dipendente, legati dallo stesso destino.

Nasce il Partito delle aziende
Rinasce l’italia di un tempo.

 Fabrizio Frosio

INCONTRO SUI PROBLEMI SOCIALI E LA SOLIDARIETA’ NELLA CATTEDRALE DI ALIFE.


ALIFE. Le problematiche sociali, il lavoro e la solidarietà saranno al centro dell’attenzione nell’incontro con il Presidente  della commissione  CEI  per i problemi sociali e il lavoro Mons. Giancarlo Maria Bregantini (nella foto) Arcivescovo di Campobasso-Bojano, organizzato dall’Ufficio Diocesano per i Problemi Sociali , il lavoro, giustizia Pace e Salvaguardia del Creato che si svolgerà questa sera alle ore 19,00 presso la Cattedrale di Alife. Molto intenso è stato, in questi ultimi anni, il lavoro svolto dall’Ufficio Diocesano per i Problemi Sociali , il lavoro, giustizia Pace e Salvaguardia del Creato coordinato dalla Dott.ssa A.Maria Gregorio, in questo impegno di promozione umana e di educazione alla speranza si è costantemente spesa la parte migliore della Chiesa nel Sud. Tra i segnali concreti di rinnovamento e di speranza che hanno avuto per protagonisti i giovani della diocesi di Alife-Caiazzo, vogliamo citare in particolare per tutti il “Progetto Policoro”, avviato con l’intento di affrontare il problema della disoccupazione giovanile, attivando iniziative di formazione a una nuova cultura del lavoro, promuovendo e sostenendo l’imprenditorialità giovanile e costruendo rapporti di reciprocità e sostegno tra le Chiese del Nord e quelle del Sud, potendo contare sulla fattiva collaborazione di aggregazioni laicali che si ispirano all’insegnamento sociale della Chiesa. Il “Progetto Policoro” ha rappresentato per la nostra Diocesi , una nuova forma di solidarietà e condivisione, che cerca di contrastare la disoccupazione, l’usura, lo sfruttamento minorile e il “lavoro nero”. L’incontro con Mons. Bregantini  sarà anche l’occasione per parlare del suo ultimo libro  Il nostro Sud in un Paese (reciprocamente) solidale” dove  Paolo Loriga provoca il vescovo di Campobasso-Bojano su argomenti scottanti:  federalismo fiscale e unità d’Italia, vescovi e Sud, profezia e otto per mille, Lega Nord e Mezzogiorno, Fiat e sindacati, donne e ‘ndrangheta, Chiesa e politica. La chiave di lettura è nel fattore R: reciprocità, come spiega Lòriga nella prefazione al volume: “Un principio che, per Bregantini, non costituisce solo un punto fermo. Riveste una centralità del tutto particolare: è la chiave interpretativa dei fenomeni, è la terapia per le molteplici malattie, è il fondamento delle sue proposte, tanto pastorali, quanto sociali. La reciprocità è quello di cui ha bisogno l’Italia, il Nord quanto il Sud”.

Pietro Rossi

IL COMUNE DI BAIA LATINA FIRMA INTESA CON LA CONFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI AGRICOLTORI.


BAIA LATINA. E’ stato sottoscritto nei giorni scorsi un importante documento tra il Comune di Baia e Latina nella persona del Sindaco Michele Santoro (nella foto) e la CIA (confederazione Italiana Agricoltori) denominato “CARTA DI MATERA” con il quale i sottoscrittori si impegnano per il raggiungimento degli  obiettivi indicati. In particolare nel patto sottoscritto la CIA pone alle rappresentanze locali e del territorio, un nuovo ruolo degli agricoltori e delle loro forme organizzate. Mentre l’amministrazione comunale si impegna a sostenere e difendere in tutte le sedi i benefici economici, sociali e territoriali che l’agricoltura porta con sé. Riconoscendo questo ruolo, si impegna a valorizzarlo, e a raggiungere precisi obiettivi programmatici di relazione e di servizio. L’erosione della superficie agricola utilizzata, dichiara Michele Santoro Sindaco di Baia e Latina, è costante ed irreversibile e non può non suscitare allarme e preoccupazione. Occorre porre un freno ad un uso dissennato e confuso del suolo agrario soprattutto determinato dalle azioni non programmate delle opere di urbanizzazione, in particolare per centri commerciali e capannoni industriali. Occorre fermare questo fenomeno, continua Michele Santoro, con una gestione accorta degli insediamenti, recuperando un enorme cubatura abitativa, industriale e per servizi da tempo inutilizzata. Si tratta di dare dimensione stabile, condivisa ed universale ad una gestione programmata del territorio compatibile con le esigenze delle aziende agricole anche per quanto riguarda gli investimenti per le energie rinnovabili. Occorre preservare l’agricoltura, l’inconfondibile paesaggio agrario, oggi più che mai identificabile con il bene ambientale di tutto il nostro territorio. Infine occorre porre attenzione alla capacità di gestione dei terreni demaniali, a vario titolo in possesso degli enti locali, ma anche quelli a proprietà collettiva, affinchè con ciò si contribuisca ad una più adeguata gestione del territorio, dello spazio rurale ed al miglioramento del reddito delle imprese agricole. Per il raggiungimento degli obiettivi esposti, conclude Michele Santoro, è necessario il rafforzamento della macchina amministrativa per migliorare i servizi a fronte di una più equa e sostenibile gestione dei tributi, tariffe e fiscalità di carattere locale. Le imprese agricole richiedono alla Pubblica Amministrazione efficienza di funzionamento e speditezza di relazione a tutti i livelli, in particolare all’Ente Locale. In particolare è importante il legame fra territorio, consuetudini e tradizioni: tutto ciò offre la possibilità di sviluppo alla comunità locale. L’Amministrazione comunale può e deve fare molto in questo campo, traendone diretto vantaggio e favorendo soprattutto il reddito delle imprese agricole.

Pietro Rossi