Con il referendum del 12 e 13 giugno u.s. gli Italiani hanno sancito che vogliono la “Gestione pubblica” dell’acqua. Gli Italiani auspicano e richiedono fortemente una efficiente governance dell’acqua. La governance dell’acqua determina chi riceve l’acqua, quale acqua, come, quando, il costo. I molteplici sistemi di governance dell’acqua realizzati in ambito nazionale, riflettono e sono connessi alle diverse condizioni sociali, culturali e politiche presenti nelle realtà territoriali. Si va da quelle dirette dei Comuni a quelle degli ATO, da quelle delle società miste sino agli appalti a terzi. Gli Italiani hanno indicano con chiarezza il loro intendimento, mentre si può tranquillamente affermare che, “sotto il pelo dell’acqua” degli addetti ai lavori della materia regna molta confusione. Confusione di ruoli, di idee, di termini, di norme, in una parola semplicemente e soprattutto confusione politica. Statistiche ufficiali dimostrano che spostandosi da una parte all’altra dell’Italia si riscontrano grandissime diversità dei valori riferiti a costi di gestione, tariffe applicate, perdite in rete, sprechi e abusivismo. Molteplici casi di sprechi e clientelismo politico si manifestano attraverso il proliferare di consorzi e società pubbliche con i relativi Consigli di Amministrazione che per lo più vengono utilizzati per una mera distribuzione di poltrone senza alcuna considerazione delle competenze possedute dagli incaricati.
Statistiche dimostrano che spesso, troppo spesso, le tariffe applicate, frutto di scelte e ragionamenti “politici” mirati a guadagnare consensi elettorali, non coprono i costi e determinano perdite di gestione che, per alchimie di bilanci, pur non risultando immediatamente visibili, ricadono nelle passività degli Enti Locali e quindi, comunque, a carico dell’utenza.
E quando l’attenzione si pone nella realtà a noi più vicina, dove si è direttamente interessati, nasce spontanea la domanda: a Caserta cosa succede? Qual è il sistema di gestione dell’ acqua? Inevitabilmente, nel nostro caso, lo sguardo va al “Consorzio Idrico Terra di Lavoro”, costituito da 54 Comuni e dalla Provincia di Caserta che è “soggetto di riferimento” per il numero di quote possedute. In questo nostro caso, i numeri e i parametri sono impietosi:
Ogni attività di manutenzione, di rilevamento consumi ed emissione ruoli affidate a soggetti terzi. Debiti per circa 130 milioni di Euro, Pignoramenti da parte di soggetti fornitori quali Acquacampania, Enel, Ditte appaltatrici della manutenzione e delle forniture, professionisti a vario titolo destinatari di incarichi. Distribuzione e sovrapposizioni di incarichi e consulenze, soprattutto legali, che generano parcelle di per sé di valori superiori alle entrate per canoni idrici. Certamente un “modello casertano” estremamente negativo. Un modello negativo che pesa direttamente sull’utenza, sui Comuni consorziati, sull’Ente Provincia. Un modello che, anche alla luce dell’esito referendario, richiede un intervento immediato e radicale a cominciare dalla sostituzione dell’attuale Consiglio di Amministrazione, peraltro già scaduto e la cui composizione numerica non rispetta la normativa vigente, a cui vanno direttamente imputati numeri e parametri disastrosi che incidono direttamente, in maniera proporzionale ed irreparabile, sui bilanci dei consorziati. Un intervento che, per ruolo politico ed amministrativo, è attribuito al “soggetto di riferimento”, cioè il Presidente della Provincia di Caserta. E’ proprio il caso di dire: On. Domenico Zinzi, se ci sei batti un colpo! Un colpo che sia un atto concreto nella direzione della buona e sana amministrazione. Un atto anche mirato a dare riscontro al voto espresso dagli elettori in occasione degli ultimi rinnovi delle Amministrazioni Comunali e della stessa Amministrazione Provinciale componenti il Consorzio.
Francesco Melillo