Giovanni Sannino |
Il resoconto
trimestrale dell’Osservatorio Regionale Casse Edili delle province della
Campania, conferma la grave crisi del settore. Oltre 30 mila addetti hanno perso il lavoro, migliaia di questi non hanno
ricevuto alcuna compensazione occupazionale, mentre il monte salari erogato si
è ridotto di oltre 200 milioni di euro. Tutti gli Istituti di statistica e di analisi socio-economiche confermano
il crinale pericoloso e drammatico verso cui scivola sempre di più la nostra
comunità, con seri problemi di tenuta sociale e democratica. Il settore delle costruzioni che nella sua dimensione
potrebbe dare ossigeno importante per una inversione di tendenza dell’intera
economia, langue, dunque, in una crisi senza precedenti. Da tempo la Fillea Cgil Campania ha indicato nella
ripresa degli investimenti nel settore delle costruzioni, una possibilità di
inversione della tendenza, sia per i numeri in termini occupazionali che questo
ricopre, sia per il fatto che rappresenta un comparto cruciale per la Regione,
e per ogni singola provincia, anche per i settori collegati. “Le speranze di una immediata ripresa del
settore, anche per alimentare una svolta anticiclica – dice il segretario
regionale della Fillea CGIL Campania, Giovanni Sannino – riposte nei 19 Grandi
Progetti della Regione Campania, sono state immediatamente frustrate. Ancora
una volta la politica degli annunci della Giunta Caldoro si è scontrata con il
Patto di Stabilità, il più forte alibi dell’amministrazione regionale, che da
più di un biennio “blocca” i fondi, seppur disponibili. Nel caso dei Grandi Progetti si tratta di 5 miliardi
di euro. Ai tanti progetti annunciati, i riscontri sono stati
pari a zero. Le sollecitazioni – dice Sannino – sono numerose e continue ma
dobbiamo spesso registrare che i finanziamenti e le risorse, che a vario titolo
vengono sventolati, dalla girandola delle delibere del CIPE, restano inutilizzati.
I Piani Casa, il Piano città, le opere infrastrutturali di collegamento delle
città campane non sono mai stati avviati, mentre continua a decrescere la
competitività delle aziende campane, strette tra mancati pagamenti, credito
ostile, usura camorristica, aumenta il numero dei disoccupati, diminuisce la
qualità della vita nei centri di tutta la regione. Rilanciamo la proposta di un Piano del lavoro serio ed
immediato, da approntare per i prossimi tre/sei mesi– suggerisce Sannino –
rivolto principalmente a chi non ha lavoro ed a chi lo ha perso, affrontando la
crisi con determinazione, senza trincerarsi dietro il Patto di Stabilità
interno, che va superato e rivisto, così come ha sollecitato l’Anci nazionale
unitamente alle Federazioni di categoria, e come, intendiamo, fare anche
con l’Anci Campania. Siamo stufi – accusa Sannino – di subire il lento
depauperamento del settore delle costruzioni a causa, anche, di una
generalizzata e farraginosa sciatteria burocratico- amministrativa,
che blocca l’avvio di opere pubbliche già approvate, e ostacola
investimenti privati ritenuti conformi ai piani urbanistici. Non stiamo proponendo – aggiunge il segretario
regionale della Cgil Campania – interventi ciclopici, ma l’avvio di numerosi e
diffusi piccoli interventi in grado di rimettere in moto l’economia specifica
delle costruzioni. Senza sminuire l’esigenza di rilanciare progetti come
il Programma Europa Più della Città di Napoli e il Progetto Unesco sul
Centro Storico, mettendo da parte l’atteggiamento dilatorio delle
amministrazioni competenti. Ci
piacerebbe – commenta Sannino – parlare di progetti avviati piuttosto che di
Grandi Progetti, dove il termine Grande diventa sempre di più sinonimo di
immobile, farraginoso e per questo motivo mai dato alla luce, anche se restiamo
convinti della loro utilità. Come il Grande Progetto Pompei, in sostanziale
stand-by dal 6 febbraio scorso, quando fu inaugurato e per il quale si è
provveduto solo a tirare su la staccionata di delimitazione del cantiere, tra
l’altro assegnato con un ribasso da brivido del 52%, nonostante le garanzie e i
proponimenti del Protocollo di legalità firmato in Prefettura il 5 di aprile
del 2012, giusto un anno fa. Questi ritardi, determinano sempre di più peggiori
condizioni per i lavoratori, oltre a decretare il collasso delle imprese”