L'articolo
38 del decreto legge n. 98/2011 introduce un nuovo articolo 445 bis
del codice di procedura che obbliga le parti, prima di iniziare il
procedimento giudiziario ordinario, a svolgere la perizia medica
preventiva sulle condizioni sanitarie del soggetto che chiede il
riconoscimento di una invalidità civile, della sordità civile,
delle proprie condizioni di handicap e disabilità, della pensione di
inabilità e dell’assegno di invalidità.
La
norma coinvolge le controversie previdenziali, e assistenziali
(vengono espressamente menzionate quelle che abbiano ad oggetto
invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap,
disabilità, insieme a quelle di pensione di inabilità e di assegno
di invalidità di cui alla legge n. 222 del 1984). Sembrerebbero
incluse, alla luce di una interpretazione sistematica e coerente con
la ratio della novella, le controversie aventi ad oggetto l'indennità
di accompagnamento.
Si
è, dunque, introdotto l’obbligo di chiedere, con ricorso diretto
al Tribunale competente, l’esperimento di un accertamento tecnico
preventivo ovvero consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis del
codice di procedura civile.
L'istanza
non deve contenere la mera richiesta dell'accertamento delle
condizioni sanitarie dell'interessato, con riferimento alle
prestazioni che si intendono domandare nell'eventuale giudizio. La
giurisprudenza, pronunciandosi sull’istituto previsto dall’art.
696bis, ha escluso che possa accedersi ad una generalizzata
ammissibilità della richiesta CTU preventiva (Tribunale Milano sez.
X civ., 13 aprile 2011). Il collegamento funzionale e la
strumentalità della CTU preventiva con il successivo (eventuale)
giudizio di merito postula che il Giudice ne valuti l’ammissibilità
e la rilevanza “in
relazione ai presupposti processuali ed alle condizioni dell'azione,
nonché a tutti i residui profili che possano rendere di fatto
inutile (perché non utilizzabile in alcun giudizio di merito)
l'accertamento da effettuare”
(Tribunale di Palmi, sent. 25/1/2011).
Dato
il richiamo all’art. 696bis c.p.c. anche al nuovo procedimento ex
art. 445bis c.p.c., nel ricorso deve essere indicata l’azione che
si intende esercitare nell’eventuale giudizio di cognizione,
mediante l’esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle
quali la prova è preordinata (articolo 693 c.p.c).
Questo
accertamento consiste nella perizia, eseguita da un consulente medico
di fiducia del Tribunale, che verifica le condizioni di invalidità
oggetto della contesa.
L’effettivo
svolgimento dell’accertamento tecnico preventivo costituisce
condizione di procedibilità
della
causa. L’improcedibilità deve essere eccepita dalla parte
convenuta a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non
oltre la prima udienza.
Il
giudice ove rilevi che l’accertamento tecnico preventivo non è
stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, deve
assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la
presentazione dell’istanza di accertamento tecnico ovvero di
completamento dello stesso.
Depositata
l'istanza di accertamento tecnico preventivo, il Giudice dovrebbe
emettere un decreto con fissazione della data dell’udienza.
La
parte dovrebbe notificare il decreto all'ente previdenziale ed al
consulente tecnico d'ufficio.
All'udienza
di comparizione delle parti e di conferimento dell’incarico
peritale il Giudice dovrebbe emettere un'ordinanza la indicazione
delle operazioni peritali, della trasmissione alle parti della bozza
redatta dal consulente tecnico d'ufficio e del deposito
dell’elaborato peritale ex art. 195 codice procedura civile.
La
legge prevede che l’avvio della procedura di accertamento
preventivo debba essere notificata all’Inps da parte del consulente
incaricato direttamente al direttore della sede provinciale
competente; una volta effettuata questa notifica (anche in via
telematica) (articolo 10 del decreto legge 30
settembre 2005, numero 203, convertito nella legge 2 dicembre 2005
numero 248, comma 6 bis).
Concluse
le operazioni peritali, il Consulente Tecnico di Ufficio dovrebbe
trasmette alle parti la bozza di relazione, le parti nel termine
concesso potrebbero proporre delle osservazioni, il consulente
tecnico d'ufficio dovrebbe redigere la relazione tenendo conto delle
osservazioni e dovrebbe depositare l'elaborato nel termine
assegnato.
Depositata
la relazione di consulenza, il Giudice dovrebbe emettere un decreto
con cui sollecitare le parti di dichiarare per iscritto, entro un
termine perentorio non superiore a trenta giorni, se intendono
contestare le conclusioni del consulente tecnico. La dichiarazione
deve essere resa con atto scritto depositato in cancelleria.
1)
Se nessuna delle parti dichiara di opporsi alle conclusioni del
perito, il Giudice emana, entro ulteriori trenta giorni, un
decreto con il quale omologa l’accertamento del requisito
sanitario. Il Giudice dovrebbe provvedere secondo le risultanze
probatorie indicate nella relazione del C.T.U.; con il decreto il
Giudice deve anche disporre il pagamento delle spese.
Dovrebbe,
in tal caso, comunque applicarsi l'art. 152 disp. att. c.p.c. L'art.
38 assoggetta ad un medesimo regime processuale le controversie
previdenziali e quelle assistenziali; lo stesso art. 152 nella prima
parte fa espresso riferimento ad ambedue le tipologie di
controversie. Identica è, dunque, la regolamentazione delle spese,
con la conseguenza che, se l'accertamento sia negativo per
la
parte istante e versi nelle condizioni per essere dispensata dal
pagamento delle spese, dovrà applicarsi il normale di esonero
In
ordine all'ultima parte dell'art. 152, che fissa il limite delle
spese, competenze ed onorari in misura non superiore al valore della
causa, l'art. 38 dispone che a tal fine la parte ricorrente, a pena
di inammissibilità del ricorso, deve formulare apposita
dichiarazione del valore della prestazione dedotta in giudizio,
quantificando l'importo relativo nelle conclusioni dell'atto
introduttivo. Per atto introduttivo deve, allora, intendersi anche
l'istanza per l'accertamento tecnico preventivo (Ianniruberto
Giuseppe, DAL DIFFERIMENTO DELLA DECADENZA NELLA LEGGE "MILLE
PROROGHE" ALLE NORME PREVIDENZIALI NELLA LEGGE PER LA
STABILIZZAZIONE FINANZIARIA Massimario di Giurisprudenza del Lavoro,
Ottobre 2011).
Mediante
l’omologa, le conclusioni del perito diventano inoppugnabili, e non
possono essere modificate dal Giudice. Il decreto del Giudice che
omologa le conclusioni della perizia devono essere notificate agli
enti previdenziali entro 120 giorni. Una volta ricevuta la notifica,
gli enti devono pagare la prestazione corrispondente alle condizioni
sanitarie accertate. Gli enti, però, dovrebbero verificare che
sussistano gli altri requisiti ulteriori rispetto a quello sanitario,
e quindi potrebbero rifiutare il pagamento della prestazione.
In
questo caso la parte interessata alla prestazione, decorsi i 120
giorni. in caso di mancata erogazione della prestazione, potrebbe
proporre un nuovo giudizio dinanzi al Giudice competente per il
pagamento della prestazione.
2)
Se una delle parti, entro il termine di trenta giorni dal deposito
dell'elaborato peritale, dichiara di contestare le conclusioni del
C.T.U., la parte che ha reso la dichiarazione di contestazione
può avviare la causa ordinaria entro il termine perentorio di trenta
giorni dal deposito della dichiarazione di dissenso.
Il
ricorso introduttivo del giudizio deve indicare in maniera specifica,
a pena di inammissibilità, i motivi per cui si contesta la perizia
medica.
L'articolo
445 bis c.p.c. dispone che la richiesta di espletamento
dell’accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
Nulla
il testo normativo indica in ordine alla decadenza. Tale
omissione determina una serie di problemi interpretativi ed
applicativi.
La
domanda finalizzata ad ottenere in sede giudiziaria la prestazione
richiesta e negata in via amministrativa può essere proposta, a pena
di decadenza, entro il termine di sei mesi dalla comunicazione del
provvedimento. Si incorrerebbe nel rischio che tale termine possa
essere superato nelle more della definizione del procedimento per
accertamento tecnico preventivo, con la conseguenza che il successivo
ricorso potrebbe essere dichiarato inammissibile.
Il
Codice civile prevede che non si possono applicare alla decadenza
dalle norme relative all'interruzione della prescrizione, così come
quelle che si riferiscono alla sua sospensione, salvo che non sia
disposto altrimenti dalla legge o da un contratto (articolo 2964).
Secondo l'articolo 2966 del Codice Civile la decadenza non è
impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal
contratto. In questo caso non esiste una fonte contrattuale che
attribuisca la facoltà ad una delle parti di compiere un determinato
atto che possa impedire il decorso della decadenza.
E'
improbabile che le procedure di accertamento tecnico preventivo si
concludano in un arco di tempo così breve da determinare da
determinare l'omologa del decreto o da consentire il ricorso
giudiziario ordinario a seguito di formulazione di dissenso sulle
conclusioni della perizia nel volgere di sei mesi dal ricevimento di
comunicazione per il rigetto della domanda.
Allo
stato sembrerebbe utile depositare, nello stesso momento, sia istanza
per accertamento tecnico preventivo sia il ricorso ordinario. In tale
ipotesi, dunque, il Giudice dovrà sospendere il processo per
consentire l'accertamento tecnico preventivo; la parte, però, non
incorrerà in alcun tipo di decadenza dall'azione.
L’art.
27 lett. f della Legge di stabilità n. 183 del 12 novembre 2011 è
intervenuto sull’articolo 445-bis e ha ripristinato la disposizione
già contenuta dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, poi eliminata in sede
di conversione, che stabilisce l’inappellabilità delle sentenze
rese a conclusione del giudizio sorto in esito alle contestazioni
delle parti rispetto alle conclusioni del consulente tecnico.
Napoli-Caserta, 29-12-2011
Studio
Legale Carozza