Scioperi della fame collettivi, manifestazioni di piazza, occupazioni: a Napoli da qualche mese sono protagonisti di una grande mobilitazione sociale circa 200 cooperative sociali e associazioni, riunite nel comitato “Il welfare non è un lusso” di cui è portavoce Sergio D’Angelo (nella foto). Da anni le associazioni, laiche e cattoliche, e le cooperative sociali, in integrazione con il sistema pubblico, si fanno carico dei servizi per anziani, disabili, sofferenti psichici, tossicodipendenti, bambini e ragazzi, mamme sole, donne vittime di violenze o costrette a prostituirsi, anticipando i costi di gestione e garantendo contemporaneamente un notevole risparmio di risorse economiche pubbliche. Si tratta di un contributo importante alla realizzazione di tanti percorsi di inclusione sociale e di reinserimento lavorativo, oggi disconosciuto dalla Regione, che non investe nelle politiche sociali e sta facendo retromarcia anche nel settore socio-sanitario, procedendo con proroghe minime dei servizi e non pagandoli da oltre un anno e mezzo, senza prendere in considerazione una loro stabilizzazione. Simbolo della protesta, che riguarda i tagli al welfare operati da governo nazionale ed enti locali, è l’ex manicomio Leonardo Bianchi, da circa due mesi occupato e riaperto al territorio da alcuni operatori sociali e socio-sanitari che anni fa avevano contribuito a chiuderlo, in attuazione della legge Basaglia, e che ora si ritrovano con posti di lavoro precari e migliaia di utenti a rischio di vedersi sottrarre i servizi da un giorno all’altro. Dopo l’occupazione simbolica del Museo Archeologico Nazionale, del Palazzo Reale, della sede comunale di Palazzo San Giacomo, del teatro San Carlo (nel bel mezzo dell’inaugurazione della stagione lirica), un gruppo di operatori sociali dal 20 gennaio 2011 sta anche presidiando il Maschio Angioino, monumento simbolo della città, che è stato perfino “scalato” da due lavoratori. L’intero sistema socio-assistenziale sta crollando, per mancanza di fondi e per i debiti che la Regione, gli enti locali e le Asl hanno verso le associazioni e le cooperative sociali cui hanno affidato la gestione dei servizi, usandoli come vere e proprie banche: basti pensare che coop e associazioni hanno anticipato complessivamente ben 500 milioni di euro di costi di gestione, e ora non ce la fanno più.
Ma il problema non è “solo” quello dei ritardi dei pagamenti: Regione Campania, Comune di Napoli, Ambiti Territoriali, Aziende Sanitarie Locali, stanno andando a marcia indietro in tema di politiche sociali, decidendo di non investire più in questo settore.
Nonostante le manifestazioni, l’occupazione del manicomio e di vari monumenti simbolo di Napoli, nessuna risposta concreta è arrivata dalle istituzioni, a parte qualche generica dichiarazione di intenti. Per questo le organizzazioni sociali chiedono di dichiarare lo stato di crisi del welfare in Campania per ottenere così l’intervento del governo nazionale.
I numeri
La vertenza delle organizzazioni sociali coinvolge l’intera Campania, al collasso non solo per la questione rifiuti ma per un’emergenza che riguarda 630 mila anziani non autosufficienti, 25 mila persone tossicodipendenti, 156 mila disabili, 46 mila sofferenti psichici, un milione di bambini e altre migliaia di persone tra le più fragili della popolazione. Solo a Napoli oltre 34mila famiglie sono povere, in Campania lo è una su quattro. Tutte stanno rischiando di essere lasciate senza servizi sociali e socio-sanitari: vale a dire che stanno chiudendo le comunità, le case famiglia, i gruppi appartamento, i centri per i sofferenti psichici, i malati di Alzheimer, i disabili, i bambini e i ragazzi maltrattati, le donne abusate. Ventimila operatori sociali rischiano di perdere il lavoro.
Dopo i tagli del governo al fondo nazionale per le politiche sociali, la Regione ha di fatto dimezzato le risorse proprie, nonostante in Campania una famiglia su quattro sia alle soglie della povertà e la disoccupazione sia a livelli doppi rispetto a quelli nazionali. La Regione spende poco meno di 33 euro a persona all’anno per i servizi socio-assistenziali, dieci volte di meno di quanto spende la Valle D’Aosta (344 euro). La Regione Campania sta mettendo a repentaglio il lavoro di migliaia di operatori e la certezza dell’assistenza a 20mila persone; sta smantellando una sanità territoriale vicina agli anziani, ai malati, ai disabili, ai sofferenti psichici e alle loro famiglie, che in questi anni ha permesso di ridurre i ricoveri in ospedale e ha consentito la cura delle persone nei loro ambienti di vita, sostenendole nella ripresa dell’autonomia e nel recupero della socialità. Le politiche sociali e socio-sanitarie rivestono un ruolo centrale per garantire benessere e giustizia sociale. Hanno bisogno però di essere sostenute con risorse e investimenti progettuali forti, in grado di consentire l’attivazione di servizi di qualità a vantaggio di tutti i cittadini, soprattutto di quelli che vivono in condizione di particolare svantaggio.
Il comitato Il welfare non è un lusso
Il comitato Il welfare non è un lusso nasce nel 2007 dall’unione di oltre 150 cooperative e associazioni, impegnate nei servizi sociali e socio-assistenziali di Napoli e della Campania per conto di (o in convenzione con) il pubblico. Il rientro del debito con associazioni e cooperative sociali, la riduzione dei tagli alla spesa sociale e il sostegno del lavoro sociale: questi i temi al centro della vertenza del comitato. Gesco, Solco, Cnca, Movi, Legacoopsociali, Forum Terzo Settore, Federazione Città Sociale le sigle più note del comitato, che si è battuto, nel corso del tempo, in rappresentanza di migliaia di operatori sociali, per sostenere il loro lavoro e dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini.
a cura di Maria Nocerino