CANCELLO ED ARNONE – Proseguendo
con l’itinerario dantesco (che ha segnato i coinvolgenti approdi nel tragico destino
di Francesca da Rimini e nell’indelebile
monito “culturale ed etico” – “Fatti non
foste a viver come bruti, ma per seguir virtude e conoscenza!”, del re di
Itaca, l’astuto Ulisse), il gruppo
che si identifica nella “bella avventura”
chiamata Letteratitudini ha voluto
tornare sui versi della Divina Commedia
dedicati ad una problematica che, vista la tremenda stagione politica attuale,
in Italia e nel mondo, farebbero dire: sì,
allora come ora, cioè ai tempi di Dante come in questa fase storica dello
spurio abbraccio Renzi-Berlusconi. E quale titolo per un’opzione simile?
Questo: “La traduzione poetica della
‘sofferenza politica’ di Dante”. Se, infatti, all’uomo comune le lotte fratricide e le spregiudicatezze
dei potenti fanno senso, nel profondo dell’animo d’un poeta vibrano lacerazioni
inguaribili. Forse non avvenne
questo nel vortice delle vicende che portarono il più grande genio letterario
italiano all’amarissimo esilio? Eppure, elaborando e rielaborando le sue
pene, egli seppe sublimarle, lasciandoci in eredità una “traduzione
lirico-didascalica” che sa parlare all’umanità contemporanea e a quella d’ogni
tempo e luogo. Rigenerante, dunque, il bagno del primo incontro-2014 di
Letteratitudini nel singolare “pathos” dantesco intriso della sua finale
sconfitta. Tutto ciò è avvenuto, come sempre, nell’accoglientissimo “salotto buono” della fondatrice Tilde Maisto e, per
vivificante aggiunta, con alcune new entry una delle quali ha risposto al nome
della giovane Mirella Sciorio. Ne è
venuta fuori una serata appassionante, con comparazioni e approfondimenti a
iosa. Un componente del gruppo ha assunto il compito dell’introduzione e di una
prima lettura di terzine tratte dal 6° Canto dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso; poi, a tutti
i presenti la libertà di sviluppare, in ampiezza e in profondità, il dibattito,
qui e là attingendo ad altri testi (Inferno - Canto X di Farinata degli Uberti
-, De Monarchia…), ma anche introducendo ipotesi interpretative favorite, su
più versanti, proprio dal desiderio di cogliere quanto di universale e di
imperituro esprime la grande arte della poesia sulle pochezze umane o del
vivere civile o, ancora, sulle contraddizioni che ciclicamente s’individuano
nel governo della res publica. Vieppiù
catturante - e facile da prevedere - la strofa che Dante riservò alla celebre
invettiva: “Ahi serva Italia, di dolore
ostello,/ nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincia ma
bordello…” (Purgatorio, Canto di Sordello). Versi perennemente disarmanti e purtroppo “indovinati” per i
secoli che vanno dalla Caduta dell’Impero Romano d’Occidente ai nostri tristi
giorni nei quali il disorientamento è vastissimo, le catastrofi (in senso
proprio e figurate) innumerevoli e la deriva quasi sempre all’orizzonte. Eppure
la tenacia dantesca e la sua visione politica lasciano comunque aperti, pure al
italiano d’oggi, i varchi della speranza.
E su questa tastiera Letteratitudini,
alla scuola delle “grandi penne”, ha inseguito fin dalla sua costituzione esegue legge sua migliore musica ed insegue il sogno, la sperimentazione di un
riscatto umano e sociale in un territorio difficile qual è il Basso Volturno. Qui,
per l’appunto, stanno le ragioni più autentiche dell’assiduità e
dell’entusiasmo, anche conviviale, con cui il gruppo va avanti e si consolida.
E dunque non a caso, nell’intervallo “non dantesco” dell’imminente incontro di febbraio, si innesterà il contributo, sicuramente avvincente, della new entry Mirella Sciorio.
Raffaele
Raimondo