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Mons.
Valentino Di Cerbo
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Alife. Pasqua
è una festa difficile. La celebriamo autenticamente e fruttuosamente se,
mettendo in secondo piano gli aspetti devozionali, scenografici ed emotivi, ci
domandiamo da che parte stiamo. Infatti la storia ci insegna che è facile
sentirsi allineati con l’esperienza pasquale e i valori di Cristo e,
contemporaneamente, vivere, pensare e agire come Caifa, Anna, Pilato, Erode, il
sinedrio, le folle di Gerusalemme. Capita a molti, anche a quanti si ritengono
cristiani. Occorre non perdere di vista che Gesù è stato ucciso perché apparve
come un uomo nuovo, libero e appassionato alla causa di Dio e quindi un
“rompiscatole” per i potenti del tempo e per quanti si sentivano da loro
protetti; un uomo che dava fastidio al potere consolidato e sclerotizzato, soprattutto
religioso, ma anche civile. Per stare in piedi, il potere che non si trasforma
in servizio, ha bisogno di monopoli, di immobilismo, di situazioni
rassicuranti, di un Dio garante del proprio comandare. Gesù,
invece, annuncia il Dio della promessa, che viene incontro e sorprende, il
Dio Amore dai doni multiformi che suscita novità, debella i potenti e innalza
gli umili, che ama gli uomini solo perché sono tali, senza distinzione di
razza, lingua, nazione, idee, schieramenti…. Anzi presenta la diversità
come ricchezza e bellezza della vita. Gesù ha scelto di rivelare al mondo
questo Dio, di affermarne i valori, la volontà benefica sull’uomo. Di questo
uomo ha affermato la dignità, la libertà, la grandezza. Lui sapeva che
comportandosi così, avrebbe rischiato. Secondo san Marco, i farisei decidono di
ucciderlo già all’inizio del suo apparire sulla scena pubblica. Si rendevano
conto della pericolosità del suo messaggio per i propri privilegi e la
stabilità del proprio potere chiuso. Ma Gesù ha scelto di continuare
la sua missione, anche sapendo che i potenti del tempo lo avrebbero ucciso,
confidando fino in fondo nel Padre, che lo ha risuscitato e non lo ha
abbandonato nella morte. Questa è la Pasqua. E’ da supporre che lo
abbia fatto molto soffrire pensare che dopo la sua resurrezione, tanti
“cristiani” con la testa e le idee degli scribi e dei farisei, avrebbero
continuato a perseguitarlo in chi lo avrebbe preso sul serio. Non si spiegano
diversamente le tribolazioni di tanti santi perseguitati da altri cristiani,
spesso confratelli. Perché quando un uomo mette al primo posto il potere, anche
religioso, non sta dalla parte di Gesù. Quando pensa che la Salvezza ha come
solo canale il proprio ruolo e il proprio punto di vista, non sta con Gesù.
Quando non prende posizione tra chi è vittima e chi è persecutore, anzi plaude
alla persecuzione del diverso, non sta con Gesù. Quando non si mette alla
ricerca della verità e non è aperto alle cose nuove che lo Spirito suscita nel
mondo, ma pensa che Dio approva sempre i propri pensieri e le proprie
decisioni, non sta con Gesù. Quando di fronte al dissidente, diventa
intollerante, sente fastidio e si spende per eliminarlo, senza ascoltarlo e
mettersi in discussione, non sta con Gesù… Chi, dicendosi cristiano e celebrando
i riti della Pasqua, col cuore è dalla parte dei persecutori di
Gesù, diventa di grave impedimento a che entri nel mondo la vita nuova del
Risorto e il riscatto dell’uomo. Opponendosi alla potenza dell’amore che fa
risorgere e rende nuova l’umanità, diventa per la propria gente una vera
sciagura, una presa in giro, una voragine della speranza! A Pasqua, scegliamo
di stare veramente dalla parte di Chi ha subito il potere per difendere la
dignità dell’uomo e la vera immagine di Dio, del Dio amore. Altrimenti
questa è una festa sprecata, perchè non reca resurrezione, ma
continua a perpetuare l’ingiustizia più grande del mondo.
Buona Pasqua!
Mons.
Valentino Di Cerbo