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Giulio Riccio |
ALIFE.Dopo tre lunghi anni e mezzo di guerra, alle ore 15
del 4 novembre del 1918, entrava in vigore l’armistizio tra l’Italia e l’impero
Austro-Ungarico, firmato, il giorno prima, a Villa Giusti, a 5 Km. da Padova.
Si concludeva così un drammatico scontro militare che tante sofferenze e lutti
aveva provocato in uno dei più tragici scenari della prima guerra mondiale.
L’armistizio era stato chiesto all’Italia dall’Impero Austro-Ungarico, dopo che
le nostre truppe erano entrate trionfanti a Trento ed a Trieste. Nello stesso giorno, a Kiev, la flotta
tedesca in difficoltà si era ammutinata. E, tra il 7 ed il 9 novembre, in
Germania, una straordinaria mobilitazione popolare portava alla proclamazione
della Repubblica. L’11 novembre l’imperatore tedesco e quello austriaco si
rifugiavano all’estero. La guerra era finalmente finita! E mentre si
preparavano i congressi che avrebbero dovuto premiare i vincitori e penalizzare
i vinti, si potettero, con calma, contare, seppellire e piangere le vittime di
quell’immane conflitto, differenziando quelle note da quelle ignote, ed a tutte
vennero eretti monumenti più o meno grandiosi. Erano morti per quella guerra:
1.800.000 tedeschi; 1.400.000 francesi; 750.000 inglesi; 600.000 italiani;
1.300.000 austro-ungarici; 350.000 serbi; 150.000 americani; e quasi 2.000.000
di russi. Così ben 10 milioni di esseri umani venivano immolati sull’altare di
una guerra, giustificata, da ciascuna nazione in conflitto, con le più diverse
ed apparenti valide motivazioni; di una guerra, che non fu solo la più
sanguinosa e rovinosa tra quelle del passato, e ciò a causa di tremendi
perfezionamenti portati alle armi di offesa e di difesa, ma anche crudele, accanita
e spietata, almeno, se non più, di tutte le altre che l’avevano preceduta. Ed
oggi, 4 novembre 2011, a 93 anni dall’armistizio di Villa Giusti, mentre siamo
riuniti anche per ricordare la Vittoria del nostro esercito su quello
austro-ungarico che consentì al nostro paese il completamento della sua unità
territoriale, soprattutto non possiamo dimenticare coloro che, su tutti i
fronti di guerra, morirono in un conflitto che inizialmente doveva riguardare
solo l’Austria e la Serbia, e doveva durare, nelle intenzioni dei contendenti,
solo un breve periodo; e che , poi, invece, coinvolse tanti paesi, creando i
presupposti per l’ancora più sconvolgente secondo conflitto mondiale. Con
l’incontro di questa mattina, non si intende tanto celebrare il coraggio e la
potenza del nostro esercito mostrati nel primo conflitto mondiale, che pur ci
furono, e vennero e vanno riconosciute, ma vuol essere prima di tutto
un’occasione per sollecitare la riflessione soprattutto in voi giovani sulla
necessità di evitare per il futuro l’uso dello strumento della guerra per le
soluzioni dei problemi che sempre sono sorti e sorgeranno nei rapporti tra i
popoli. L’uso brutale della guerra voluta dalla pazzia degli uomini, a partire
dal 1914 per concludersi nel 1918, intanto, prevalse ancora una volta a partire
dal 1939, per concludersi nel 1945, con il bestiale lancio di bombe atomiche su
cittadini inermi di due città giapponesi. Ha scritto un grande pensatore
tedesco del 1700: “A guerra finita, nella trattativa della pace, non sarebbe
inopportuno per un popolo, che fosse prescritto, oltre che a una festa di
ringraziamento, un giorno di espiazione per invocare dal Cielo, in nome dello
Stato, perdono per il grande oltraggio di cui il genere umano si rende ancor
sempre colpevole di voler sottomettersi a una costituzione legale nei rapporti
con gli altri popoli, tanto da preferire nell’orgoglio della sua indipendenza,
di ricorrere al mezzo barbaro della guerra. E se la pace non è un dato, ma
frutto di un impegno morale, culturale, e, per molti, anche religioso, di
ciascuno, spero tanto che voi giovani vi attrezziate perché non dobbiate mai
più ricordare in una celebrazione come questa del 4 novembre, tanti lutti e
devastazioni in quanti ricordare una data di tragici scenari di guerra, creati
dallo stupido orgoglio degli uomini, se può essere compresa se riferita al
passato, difficilmente potrà essere compresa e giustificata per fatti di guerra
che avvenissero oggi e domani, tanto più che con le micidiali armi che
l’intelligenza umana ha creato, difficilmente l’uomo potrà piangere sulla morte
dell’uomo.