VAIARANO PATENORA.L’ultima fatica letteraria dei giornalisti-scrittori Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo è una testimonianza terrificante del degrado e dell’abbandono in cui versa il nostro patrimonio archeologico-monumentale, una sorta di mazzata in faccia a quanti, siano essi semplici cittadini o autorità preposte, sono chiamati a darsi da fare per evitare che il nostro impareggiabile patrimonio culturale continui a rimanere in mani che non si rendono conto del suo immenso valore o peggio, beati loro, se ne infischiano altamente. Gli autori del libro-denuncia “La Casta” , dunque, colpiscono ancora. Con un linguaggio immediato, quasi da romanzo, assestano una sorta di schiaffo in faccia a quanti, ciechi davanti ad una triste realtà attraverso la quale le vestali dell’incuria e del menefreghismo sembrano voler cancellare ogni traccia del nostro glorioso passato, sordi ad ogni monito a darsi da fare per evitare l’irreparabile, insensibili, per dirla alla Antoine de Saint Exupéry, al cospetto del nulla che avanza, dovrebbero semplicemente vergognarsi e nascondersi piuttosto seguitare a poltrire in comodi salotti politici o in posti di potere che non viene esercitato se non per tornaconti personali. Nessuna massima più calzante di “Dum Romae cunsulitur, Saguntum expugnatur”, di liviana memoria, per fotografare il baratro di misero miopismo e disarmante sorvolio di responsabilità da parte di chi, direttamente o indirettamente chiamato in causa, abdica sistematicamente dalle proprie responsabilità, consegnando alla furia distruttrice dei vandali e del tempo bellezze invidiabili che, uniche ricchezze a nostra disposizione, meriterebbero di essere recuperate e valorizzate, piuttosto che lasciate marcire in maniera vergognosa ed indegna di un paese civile. Come è nel loro stile, fatto di concretezza ed immediatezza di linguaggio, Rizzo e Stella ci sono andati duro anche questa volta. A loro il merito di aver denunciato una situazione divenuta del tutto allarmante e vieppiù insostenibile soprattutto in tempi recenti. Insomma, un cazzotto nello stomaco di tutti, specialmente della classe politica in carica. Questo, in buona sostanza, il senso del messaggio che, con la loro nuova pubblicazione, vogliono dare i due autori del tomo in parola, che, in ottima veste grafica, è targato Rizzoli. Parliamo di un testo di interesse notevole, di un saggio che offre un contributo di assoluto valore sulla via dello sprone a chi finora ha latitato sul tema a darsi da fare per recuperare il terreno perduto, di una sorta di “strumento” musicale che suona la carica onde non permettere che lo scempio in atto prosegua oltre. Il testo stesso, dopo le precedenti manifestazioni di presentazione tenutesi un po’ in tutto il territorio nazionale e, nei giorni scorsi, anche nella nostra Campania, approda a Vairano Patenora. Qui, su iniziativa del Consiglio di Amministrazione della Pro Loco cittadina e, in primis, del suo Presidente, Arturo Marseglia, il nuovo best-seller di Stella e Rizzo sarà nuovamente sotto i riflettori, dando corpo e vita ad una serata all’insegna del “vergogniamoci un po’ tutti per quello che sta accadendo al nostro patrimonio storico-culturale”. La presentazione del piccolo trattato sulla drammatica situazione di incuria e degrado in cui versano i nostri beni culturali inizierà alle ore 18.00. Teatro della lodevole iniziativa sarà la saletta interna del Gran Caffè “Cocco”, non nuovo ad iniziative culturali di rilievo. L’evento in concomitanza con l’incontro-dibattito sul tema “Abusi e riusi. Taverna Catena, simbolo dell’ Unità d’Italia”. Ma, lasciamo, ora, la parola ai diretti interessati, che ci illustreranno alcuni dei punti più salienti e, allo stesso modo, disarmanti del loro lavoro, a cominciare dai siti più devastati ed abbandonati, malgrado l’importanza che rivestono. Uno su tutti Palazzo “Teti Maffuccini”, in Santa Maria Capua Vetere. “Malgrado in questo storico fabbricato, hanno più volte detto i due valenti giornalisti del Corriere della Sera, sia passata la storia dell’Italia Unita, concretizzatasi con la firma della resa del Regno delle Due Sicilie e la conseguente caduta dei Borbone, lo stesso manufatto, che prima della sua riacquisizione al patrimonio dello Stato, è stato consentito essere di proprietà di un malavitoso, si presenta oggi in condizioni pietose. E pensare che, in altri ambiti, affermano ancora la coppia di scrittori, una costruzione del genere sarebbe stata considerata sacra.” Che dire, poi, delle “incredibili condizioni di abbandono e degrado, causa vegetazione lasciata proliferare oltre ogni misura, in cui versano la città greca più bella ed invidiabile del Meridione, cioè la magnifica Paestum e il mortificante stato di manutenzione del complesso neolitico di Nola, sommerso dalle acque per il semplice non funzionamento di una pompa, degli stupendi mosaici di Pompei, che si sgretolano perché l'ultimo mosaicista è in pensione da un decennio mentre il commissario compra mille bottiglie di vino "pompeiano" da 55 euro e ne spende 103mila per censire 53 cani randagi, del tempio di Apollo, a Selinunte, che rimane ingabbiato per undici anni in un’impalcatura perché nessuno si degna di smontarla, della campagna veneta del Palladio e del Giorgione, “intossicata, sconquassata, rosicchiata, castrata", come dice il poeta Andrea Zanzotto, da un caos di villette, ipermercati e capannoni, della tenuta agricola del Cavour, tra le risaie del Vercellese, cannibalizzata dai teppisti, ecc., ecc.?” Con gli autori di “Vandali”, possiamo ben dire che siamo al cospetto di uno scandaloso scempio, di una catastrofe annunciata che, da primi che eravamo al mondo nel turismo, ci ha fatto scivolare al 28° posto. Lo stesso portale italia.it, costato milioni di euro, è attestato mortificantemente al 184.594° fra i siti web più visitati del pianeta. Nel bel mezzo di questo tunnel senza via d’uscita, la nostra classe dirigente non appare per niente allarmata. Invece di preoccuparsi e correre ai ripari, cosa fa? Selinunte, po’ aspettare, Pompei pure. Lo stesso dicasi per tutto il resto. E’ più importante mantenere i privilegi che spremersi le meningi per risolvere questi “problemucci”. Si pensi che le sole auto blu costano due volte e mezzo l'intero stanziamento per i Beni culturali, dimezzato in 10 anni. Siamo possessori di un patrimonio UNESCO più che invidiabile, il primo al mondo per numero: 45, contro i 42 della Spagna, i 40 della Cina, i 35 della Francia, i 33 della Germania e via discorrendo. Gli altri, però, li sfruttano molto meglio, relegandoci, noi che eravamo primi attori della scena turistica mondiale, al ruolo di misere comparse. Questo e di più viene denunciato nel volume-inchiesta dell’accoppiata Stella-Rizzo, della quale, ne siamo più che sicuri, sentiremo ancora parlare.
Daniele Palazzo