Il 26 settembre scorso, a Roma, è stata beatificata una ragazza italiana, Chiara Luce Badano, morta nel 1990, quando non aveva ancora compiuto 19 anni. La sua giovane esistenza è stata stroncata da un tumore alle ossa che ha trasformato l’ultimo anno della sua vita in un autentico martirio. La cerimonia della beatificazione si è tenuta al Santuario del Divino Amore, vicino a Roma, con un grande concorso di gente: oltre 25 mila persone, in gran parte giovani. Chiara faceva parte del Movimento dei Focolari, movimento che ha una enorme diffusione in tutto il mondo ed erano giunte delegazioni di giovani da 57 Paesi, dei quattro continenti. Un vero evento. In genere, però, passata la festa, tutto torna nel silenzio. Non è stato così per Chiara Luce. Intorno a lei si è acceso un interesse che continua ad aumentare. Non sostenuto e facilitato dai tradizionali mezzi di comunicazione, che se ne sono interessati al momento della beatificazione ma neppure con grande entusiasmo. E’ un interesse che vive soprattutto di “passa parola”, e di siti Internet e, a tre mesi dalla beatificazione, è così eclatante da costituire un caso. “E’ veramente incredibile la simpatia che questa ragazza sta suscitando tra i giovani in tutto il mondo”, dice Carla Cotignoli, responsabile dell’Ufficio informazioni del Movimento dei Focalari. “Ogni giorno riceviamo e-mails, SMS, lettere, telefonate. Ma sono soprattutto i canali della rete, quelli tipici dei giovani, a dare la misura di quanto sta accadendo. Per esempio, su “GloriaTV”, sito internet internazionale su cui vengono caricati video di argomento cattolico, sono pubblicati 38 video che parlano di Chiara Luce e della sua Beatificazione, visualizzati complessivamente quasi 90.000 volte. Su Youtube sono più di 300 i video concernenti la figura di Chiara Luce, visualizzati circa 540.000 volte. Su Facebook si trovano 7 pagine a lei dedicate, in italiano, inglese, greco, sloveno, serbo, con 27200 iscritti. Innumerevoli i siti, i blog dove si parla di lei, e il tutto è in continuo aumento”. Nata a Sassello, in provincia di Savona e diocesi di Acqui, Chiara era figlia di un camionista e di una operaia, cattolici ferventi, che avevano trasmesso alla bambina la loro fede religiosa, semplice ma vissuta. A nove anni, Chiara conosce il Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich, e ne resta affascinata. Entra a far parte del settore “Gen3”, una sezione del Movimento riservata a ragazzi e ragazze dai 9 ai 17 anni, e scopre il mondo della spiritualità, del Vangelo. Con l’aiuto dei genitori e del movimento dei Focolari, inizia un percorso spirituale spontaneo e straordinario, guidata soprattutto da ispirazioni della Grazia Divina. Chiara Lubich percepisce la bellezza interiore di quell’adolescente e la segue con particolare affetto. Fu lei ad aggiungere al nome di battesimo, Chiara, quello di Luce, per indicare l’intensa luminosità che si irradiava dall’animo di quella bambina, nome che le è rimasto, e tutti la conoscono come Chiara Luce. Il percorso verso la maturità spirituale è stato breve. A 17 anni, Chiara Luce viene colpita da un osteosarcoma che trasforma la sua esistenza in un tremendo calvario. Le certezze spirituali che aveva assimilato diventano la luce immensa che la sostengono nella bufera delle sofferenze e le fanno accettare la croce della morte come un dono d’amore per Gesù crocifisso. In genere, quando sentiamo parlare di una ragazza che è vissuta da santa, ci immaginiamo una persona lontana nel tempo, timida e riservata, tutta presa da preghiere e opere pie, totalmente estranea alla vita normale della gente, da risultare quasi una entità di fantasia. In questo caso, invece, si tratta di una ragazza del nostro tempo. Una di quelle che vediamo per la strada, all’uscita dalle scuole, felici e chiassose. Prima di essere colpita dalla malattia, Chiara Luce era un terremoto di vitalità e uno schianto di bellezza. Sportiva scatenata, amava la montagna, il mare, il nuoto, il tennis, i pattini a rotelle, la musica, il ballo, le canzoni.
“Possedeva una vitalità contagiosa”, dice Mariagrazia Magrini, vice postulatrice della causa di beatificazione di Chiara Luce. “Incantava i suoi coetanei, soprattutto i ragazzi che rimanevano affascinati dalla vitalità, dal suo sorriso e dalla luminosità del suo sguardo. Ma, nonostante l’incontenibile voglia di divertirsi, Chiara aveva anche un comportamento gioiosamente legato ai valori religiosi e nessuno è mai riuscito a distrarla da quei suoi ideali. Era lei, invece, che attirava a sé chi le stava attorno” . Chiara è un esempio che rivela l’esistenza di una meravigliosa realtà purtroppo quasi sconosciuta al grande pubblico, dice monsignor Giuseppe Maritano, il vescovo che cresimò Chiara Luce, che la seguì spiritualmente nei momenti difficili della malattia e che fu il promotore della sua causa di beatificazione. “Il mondo d’oggi è succube dei mezzi di comunicazione. I quali sono morbosamente attenti ai comportamenti trasgressivi, ai fatti scandalistici, alle espressioni superficiali e negative della vita. Divertimento, sesso, denaro, droga, libertà sfrenata, egoismo, indifferenza ideologica e religiosa, sono le tematiche che fanno notizia per i media del nostro tempo. E vengono trattate con enfasi, con ossessione martellante al punto da far pensare che non esista altro nel mondo d’oggi. Ma non è così. Per fortuna, c’è anche un mondo diverso, una gioventù diversa che segue ideali diversi e straordinari. Lo veniamo a scoprire di tanto in tanto, quando certi fatti di cronaca si impongono all’opinione pubblica e quindi i media sono costretti a interessarsene”
“Sembra quasi impossibile”, dico a monsignor Maritano “ che una ragazza così giovane sia una santa”
“La santità non è riservata a persone adulte, ad appartenenti a ordini religiosi e cose del genere”, risponde sua Eccellenza monsignor Maritano. “La santità consiste nella perfetta unione con Cristo. La grazia di Dio chiama tutti gli uomini alla santità, ma diverse sono le risposte che le persone sanno dare. Chiara Luce ha risposto alla chiamata con generosità eroica, anche se era ancora una ragazzina”.
Un caso eccezionale.
“Niente affatto. Ce ne sono tanti, che restano sconosciuti all’opinione pubblica, ma sono reali e concreti. All’apparenza, Chiara era una ragazza normalissima. Uguale alle sue coetanee. Ma è stata la sua risposta a Dio ad essere eccezionale. Chiara era figlia di persone umili, e riservate, cattoliche, che mettevano in pratica la loro fede nella vita di ogni giorno. Pregavano insieme e si sforzavano di amare Dio e il prossimo. Chiara è cresciuta in questa famiglia, ha assimilato i valori cristiani dei genitori, ma poi, è stata lei, per sua libera scelta, a volerli praticare con grande dedizione. Sta in questa “libera scelta” la sua santità”.
Che genere di educazione aveva avuto?
“Fin da bambina aveva imparato a pensare a Dio come a un “vero” padre, a Gesù come un amico, un fratello. Il suo motto, fin da piccola, era: “Se Gesù lo vuole, lo voglio anch’io”. E’ stata fedele a questo principio anche quando il suo “sì” ha richiesto un coraggio eroico.”
A scuola e tra i coetanei non si sentiva un pesce fuori dall’acqua?
“A nove anni ebbe la fortuna di conoscere il Movimento dei Focolari di Chiara Lubich e volle farne parte. Quello dei Focolarini è un Movimento di famiglie laiche che si impegnano a vivere il Vangelo. La bambina è cresciuta in quel Movimento e certamente si sentiva, in un certo senso, protetta quando certi coetanei la prendevano in giro per la sua fede, soprattutto alle medie e al liceo. Ma, pur soffrendo, non ha mai rinunciato a testimoniare le proprie convinzioni. E alla fine il suo comportamento leale e deciso ha conquistato la stima e la fiducia di tutti”.
Era una ragazza molto bella, simpatica, attraente. Aveva dei corteggiatori?
“Era un bella ragazza e aveva un carattere estroverso, vivace, simpatico. Il suo cuore di adolescente si infiammava, come quello di tutte le ragazze. Sentiva forte l’attrazione per qualche compagno. Dagli atti del processo risulta che ebbe dei piccoli flirt, ma trovandosi di fronte a richieste che contrastavano con le sue convinzioni morali, ebbe il coraggio, magari con le lacrime agli occhi, di troncare subito. Sognava il grande amore, il principe azzurro con il quale formare una famiglia e avere dei figli. E aspettava che arrivasse l’età e il tempo giusto per realizzare il suo grande sogno”.
Quando si è manifestata la malattia?
“Mentre frequentava il liceo. Un tumore alle ossa. Una malattia atroce che in due anni la portò alla morte. Il periodo della malattia fu quello della “grande prova”. In famiglia e nel Movimento dei Focolari, aveva imparato la “teoria” del vivere cristiano. La malattia fu la “pratica”. E lei si comportò da grande campionessa. Quando le dissero che aveva un tumore maligno, certamente si spaventò, ma per poco. Rifletté, e poi ebbe il coraggio di dire, come sempre: “Se lo vuoi tu Gesù, lo voglio anch’io”.
“La malattia fu dolorosissima. Quel tipo di tumore provoca spasmi lancinanti. Venne sottoposta a vari interventi chirurgici, a infiltrazioni, biopsie, analisi invasive, chemioterapie pesanti, con effetti collaterali distruttivi. Un periodo bruttissimo, di autentico martirio fisico e psichico, ma Chiara non perse mai la calma, mai il sorriso. Era determinata a sopportare tutto per amore di Gesù. Sembrava immune al dolore ma il suo nascondere la sofferenza era solo un modo per tranquillizzare la famiglia. Ad un certo momento, la malattia paralizzò le sue gambe. Immobilizzata a letto, volgeva spesso lo sguardo verso l’immagine di Gesù che teneva sul comodino e da quel gesto si capiva che stava davvero soffrendo, che il male era in quel momento davvero insopportabile.”
Come era negli ultimi mesi di vita?
“Uno scrigno di forza e di fede esemplari. Il suo unico scopo in quei momenti tremendi era offrire il dolore che provava a Dio, certa che Lui avrebbe saputo come disporne. La sua totale fiducia nel mistero della sofferenza era immensa. Rifiutava la morfina, prescritta dai medici, perché diceva che le toglieva lucidità e le impediva di parlare con Gesù. E disse anche che non avrebbe più chiesto a Dio di venire a prenderla per portarla in Paradiso perché poteva sembrare che lei non volesse più soffrire. Diceva: “Se adesso mi chiedessero se voglio camminare, direi di no perché così sono più vicina a Gesù.” Le fu proposto di andare a Lourdes a chiedere la guarigione alla Madonna. Non volle. “Non credo che la mia guarigione rientri nel piano di Dio”, ripeteva”.
Ho letto che riceveva amici e parenti sempre con il sorriso.
“E’ vero. Nonostante la sofferenza insopportabile, Chiara era sempre sorridente e aveva una parola di incoraggiamento per chiunque andasse a trovarla. Era lei, nel letto, demolita dalla malattia, a dare speranza alla famiglia e agli amici. Chi la avvicinava, riceveva qualche cosa da lei. Perfino alcuni medici, indifferenti verso la religione, cambiarono atteggiamento. Era incredibile la maturità spirituale che quella ragazzina di diciotto anni dimostrava. Un’altra, al suo posto, avrebbe cercato il conforto dei genitori e invece era lei a distribuire loro forza e coraggio. Diceva a sua madre: “Fidati di Dio. Quando io non ci sarò più, segui lui e troverai la forza per andare avanti.” E poi: “Gesù mi aspetta. Quando viene a prendermi, io sono pronta. Quando morirò non soffrirò più. Andrò in cielo dove vedrò Gesù e la Madonna. Sarò tanto, ma tanto felice.”
Quali furono le sue ultime parole?
“Furono per la madre. Le disse “ciao”, come una qualsiasi ragazza in procinto di partire per un viaggio. “Ciao, mamma. Sii felice, io lo sono”.”
Chiara Luce non è un caso unico nel mondo giovanile di questo nostro tempo, apparentemente privo di valori religiosi e spirituali. Carla Cotignoli, la responsabile delle informazioni del Movimento fondato da Chiara Lubich, mi ha detto che ci sono altri cinque giovani che in vita militavano nel Movimento dei Focolari, e dei quali ora è in corso il processo di beatificazione. Ecco i loro nomi:
Alberto Michelotti, genovese, morto nel 1980, a 22 anni. La sua vita fu caratterizzata da un grande amore per tutti, soprattutto per i meno fortunati e questo amore nasceva dal suo incontro con Gesù. Scrisse: . “C'è Qualcuno che entra sempre più nella mia giornata, è Gesù”.
Carlo Grisolia, anche lui genovese, amico di Michelotti, morto nel 1980, a 20 anni, stroncato da un tumore fulminante. Poco prima di morire disse agli amici: “Siate pronti a dare la vita gli uni per gli altri. Offro la mia vita per tutti voi, ma soprattutto per tutti quelli che soffrono, per i ragazzi del mio quartiere, per la mia parrocchia e per il mondo unito”.
Daniela Zanetta, di Maggiara, in provincia di Novara, morta nel 1986, a 24 anni. Era affetta da una rarissima malattia che le provocava in tutto il corpo bolle e lacerazioni alla pelle con sofferenze terribili, e spesso doveva essere ricoverata in ospedale. Poco prima di morire, scrisse in una lettera: “Vorrei gridare a tutti che la vita di ogni creatura è sacra e bella. Ho una seria malattia della pelle; ho perso i miei capelli, le mie unghie e ho dovuto farmi estrarre tutti i denti… Ma credo in Dio, lo amo intensamente e lo ringrazio per avermi donato la vita, perché ogni giorno che mi regala è un'occasione in più che ho per amarLo e per servirLo”.
Maria Orsola Bussone, torinese, morta nel 1970, a 16 anni. Pochi mesi prima di morire, scrisse: “Sarei disposta a sacrificare la mia vita, perché i giovani capiscano quanto è bello amare Dio!”.
Santa Scorese, di Bari, morta nel 1991, a 23 anni. Era una ragazza piena di vita, amava la musica, cantava accompagnandosi con la chitarra. Scrisse: “Tutto è amore perché Dio ci ama immensamente… Sarei disposta a sacrificare la mia vita, perché i giovani capiscano quanto è bello amare Dio!” Una storia speciale è quella che riguarda un diciassettenne, che si chiamava Charles Moats. Era un afroamericano vissuto a Chicago al tempo di Martin Luther King e dei violenti scontri razziali in quella città negli anni Sessanta del secolo scorso. Charles aveva una difficile situazione familiare: non conosceva il padre e sua madre era alcolizzata. Viveva in uno dei quartieri-ghetto della città, segnato da violenza, povertà, emarginazione. Era destinato quindi a una esistenza traviata in tutti i sensi. Ma un giorno conobbe dei ragazzi del Movimento dei Focolari, che divennero suoi amici speciali e, frequentandoli, trovò il grande ideale: Gesù, l’amore per Gesù. Nel suo cuore si sviluppò l’impegno concreto per l'unità tra gli uomini, secondo il messaggio evangelico, al di là e al di sopra di tutte le diversità sociali, razziali, religiose. Purtroppo, quegli ideali gli costarono la vita e un giorno venne assassinato. Ma il suo esempio è diventato una fiaccola che ancora arde e illumina, grazie a un gruppo artistico, che si chiama Gen Rosso, composto da 18 persone provenienti da 9 diverse nazioni, nato proprio al tempo della morte di Charles e diventato poi famoso in tutto il mondo. Questo gruppo, che fa parte del Movimento dei Focolari, ha trasformato la storia di Charles in un musical dal titolo “Streetlight”, e l’ha portata e continua a portarla con successo in giro per il mondo. Un’altra storia emblematica è quella del francese Jacques Fesch. Un giovane che non apparteneva a nessun movimento spirituale, anzi rappresentava quella parte di giovani che vengono definiti “i perduti”, la “gioventù bruciata”. Nato in Francia nel 1930, apparteneva a una famiglia cattolica, che era anche ricca, essendo, il padre, un noto banchiere. A 17 anni, Jacques si ribella contro l’educazione ricevuta, abbandona la religione e inizia una vita sregolata. Sposa civilmente una ragazza che aveva messo incinta., ma poi abbandona moglie e figlia, ed ha un figlio da un’altra donna. Pensa di girare il mondo in barca, ma i suoi non gli danno i soldi per comperare la barca. E lui, nel 1954, per avere quella barca, tenta una rapina in banca e uccide un poliziotto. Viene arrestato, processato e condannato a morte. La sentenza fu eseguita il primo ottobre 1957, quando Jacques aveva soltanto 27 anni. In seguito, si venne a sapere che, in carcere, Jacques si era convertito. Anche lui era stato folgorato dalla Grazia di Dio e negli ultimi tre anni aveva tenuto una condotta esemplare. Il suo diario, poi pubblicato, e le lettere ai parenti e agli amici, sono un documento commovente e inconfutabile. Così importante da convincere il cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger, ad aprire, nel 1993, il processo di beatificazione di questo giovane assassino. Il 2 dicembre 2009, anche Benedetto XVI ha citato, in piazza San Pietro, il nome di questo giovane. E’ difficile immaginare che cosa possa accadere nel profondo della coscienza di una persona. Quello è il luogo dell’incontro inevitabile con Dio. E, se appena la persona ascolta e si apre alla Grazia, tutto diventa possibile, sia che quella persona provenga da una famiglia credente, sia che abbia percorso le strade della perdizione. Chiara e gli altri giovani sulla vita della beatificazione sono la punta di un iceberg, costituito da innumerevoli ragazzi e ragazze del nostro tempo “innamorati” di Gesù. Un iceberg enorme, ma sconosciuto perché naviga in un mare strano, che lo ignora e fa di tutto perché nessuno ne parli. Ma, per fortuna, c’è, ed è ciò che conta.
Renzo Allegri