PIEDIMONTE MATESE. Grande ricorrenza nella comunità di Piedimonte Matese, in occasione del 100° genetliaco di una sua esimia concittadina: la N. D.
Consuelo Vita Felice Amalia FETTA ved. CUOMO. Ai festeggiamenti hanno preso parte il parroco di Santa Maria Maggiore di Piedimonte,
mons. Alfonso Caso, una delegazione composta dal Vice-Sindaco prof.
Costantino Leuci e gli Assessori
Giuseppe Riselli e
Attilio Costarella che, come delegazione dell’Amministrazione Comunale, hanno consegnato alla centenaria uno speciale Attestato di Benemerenza inviato dal Sindaco
Vincenzo Cappello insieme ad un omaggio floreale e ad un bellissimo, augurale discorso, terminato con una appassionante ed estemporanea interpretazione di “Mamma son tanto felice” che la figlia Nancy Cuomo ha cantato alla madre, tra l’emozione dei tanti invitati. La signora Consuelo, originaria di Valle Agricola, piccolo centro montano situato nel cuore del massiccio del Matese, nacque ben cento anni fa nell’antico Casale del Pozzo (detto anche Masseria Fetta), di proprietà della sua agiata famiglia, prima figlia femmina del possidente don Luigi FETTA e della sig.ra Margherita AURECCHIA (la quale, nel 1977, festeggiò anch’ella il secolo di vita, celebrata da tutta la città di Piedimonte, proprio com’è successo 33 anni dopo per la figlia!). Dopo aver trascorso una serena infanzia nella grand’azienda agricola paterna in cui viveva con i genitori e i suoi 5 fratelli (Enrico, Luigi, Felice, Angela Giustina e Antonietta), nella splendida cornice dei monti su cui nacque, all’età di 6 anni fu inviata a studiare a Piedimonte (allora d’Alife), presso il prestigioso educandato delle Suore Francesi (Figlie della Carità), dove era istruito il fior fiore dell’élite e della borghesia locale. Lì apprese, tra le tante cose, anche l’arte del merletto con la tecnica del filet (detta anche “rete ricamata”): quest’antica e bellissima art
e che si realizza con il modano, uno speciale ago a due punte (nel nostro dialetto detto “aghicèlla”), veniva insegnato alle piccole “signore” da una suora originaria di Bosa (in Sardegna) e consisteva nel realizzare prima una rete (che è la medesima tecnica che usavano gli antichi pescatori per confezionare le reti da pesca) che, una volta fatta delle dimensioni desiderate, veniva ricamata con un ago, riempiendo i vari spazi, secondo il disegno da realizzare. E la signora Consuelo ne ha realizzate migliaia di opere a filet, con quella trina delicata e impalpabile, molte delle quali ancora adornano gli altari di tante chiese tra Piedimonte ed Alife oltre ai rocchetti e ai pizzi degli abiti dei sacerdoti: per oltre 50 anni, inoltre, l’antica statua della Madonna Addolorata che si venera in San Rocco a Piedimonte e che viene portata in processione la sera del Venerdì Santo, ha avuto tra le mani un artistico fazzoletto di filet creato dalla signora Consuelo, oggi custodito in una teca. Fino ad un paio d’anni fa, la signora Consuelo ha lavorato per molte ore ogni giorno al filet (e senza occhiali!), ma la posizione che assumeva per tale operazione le fu sconsigliata dai medici e solo per questo non si è dedicata più a questo lavoro che ha compiuto per oltre 90 anni! A 11 anni, compiuto il ciclo di studi a Piedimonte (che allora arrivava fino alla sesta classe elementare), fece ritorno al suo
paese natale dove, fu affidata, insieme ai fratelli, alle cure di un sacerdote, precettore privato. Il padre don Luigi Fetta, intanto, monarchico e dedito alla politica, per oltre un ventennio, per Regio Decreto di Sua Maestà Vittorio Emanuele III re d’Italia, fu podestà di Valle Agricola, mentre la madre conduceva con gran capacità l’azienda familiare, insieme a molti collaboratori, braccianti e domestiche. Come si usava allora nelle famiglie di un certo rango, alla giovane Consuelo fu trovato un promesso sposo che era il classico “buon partito”: segretario comunale di Valle Agricola, laureato, ricco e di buona famiglia. Ma Consuelo che è stata sempre una donna libera e passionale, quest’unione “preconfezionata” non andava proprio giù, ma era costretta a fare buon viso a cattivo gioco per non dispiacere la famiglia. La mattina della domenica delle Palme del 1930 (il 13 aprile), accadde un avvenimento destinato a cambiare la sua vita: come si usava allora, il promesso sposo, quella mattina, donò a Consuelo un bellissimo anello d’oro con un brillante per chiedere formalmente la sua mano alla famiglia, dopodiché si recarono a Messa per la benedizione dei ramoscelli d’ulivo. Ma al termine della funzione, mentre Consuelo usciva dalla Chiesa Madre di Valle in compagnia della madre e del promesso sposo, si sente giungere dalla strada carrozzabile che saliva da Prata Sannita uno strano rombo: era la prima automobile che raggiungeva il paese! Incuriosita, tutta la popolazione si affollò per le strade per vedere passare l’automobile, evento alquanto raro per i tempi, soprattutto in un paesino di montagna. A bordo di quella Fiat Torpedo 509 vi erano due persone provenienti da Piedimonte: il tipografo Alberto Grillo e un giovane sportivo e prestante nonché proprietario dell’auto, don Gaetano Cuomo. L’automobile si fermò proprio davanti al Municipio, tra due ali di folla e tanti marmocchi che si erano stretti intorno al “carro a motore” tanto che i due a bordo riuscirono ad uscire, ma con molta difficoltà! Donna Margherita e la figlia Consuelo salirono anch’esse al Municipio dove don Luigi il podestà, anche se era un giorno di festa, continuava a lavorare: doveva, infatti, ricevere alcuni manifesti dalla tipografia, che il signor Grillo e don Gaetanino gli avevano portato. Fu così che s’incrociarono per la prima volta gli sguardi di Consuelo e Gaetano e fu subito “colpo di fulmine”! Quel giorno i due innamorati non riuscirono a comunicare, ma don Gaetanino, colpito dalla bellezza di quella giovane donna bruna, promise a sé stesso che avrebbe fatto del tutto per riuscire a parlarle. Innanzi tutto s’informò sul nome della ragazza da un vecchio usciere del Comune che gli disse, in stretto dialetto valligiano e storpiando terribilmente il nome: «’A signurìna se chiàma Cunzulìna!» e, sempre dallo stesso signore, si fece spiegare quale fosse l’abitazione del podestà. Intanto consegnò al disponibile signore, ricompensandolo con una monetina d’argento, un biglietto da consegnare alla signorina su cui vi era scritto: «Mercoledì sera a mezzanotte in punto, esci di casa: io sarò lì ad aspettarti. Gaetano». E fu così che dopo tre giorni, la sera del giorno 16 successivo (che era Mercoledì Santo, ma anche la vigilia del compleanno di Consuelo), don Gaetanino partì da Piedimonte con la sua moto Triumph Horsman, portando con sé un vassoio di paste e la speranza che la bella ragazza avesse accettato il suo invito. Arrivò nei pressi del Casale dei Fetta, in località Pozzo, ma all’incirca un chilometro prima di arrivare, riempì con degli stracci la marmitta per non far sentire il rombo del motore e si appostò a poca distanza dalle finestre della casa, cercando di non far rumore. Le finestre erano chiuse e Gaetano si guardava intorno, tra l’oscurità della montagna e il frinire degli uccelli notturni, senza vedere nessuno, finché dopo un po’, alle sue spalle, sentì una voce che gli disse: «Non avete avuto una buon’idea a portare dei dolci, visto che siamo in periodo di astinenza, ma per premiare la vostra audacia, farò uno strappo alla regola». E così i due, ridendo, per la prima volta ebbero modo di conoscere e parlarsi e… fu subito amore.
La famiglia di Consuelo non appoggiò subito la decisione della loro figlia maggiore, ma dopo tante insistenze, anche loro si arresero e il segretario comunale, addolorato per l’accaduto e ferito nei sentimenti, chiese al podestà di poter essere trasferito. Gaetano Cuomo, primo motociclista dell’Alto Casertano e tra i primi automobilisti della provincia di Caserta, era figlio di don Carlo Cuomo possidente di antiche e distinte origini napoletane (trapiantate a Piedimonte dagli inizi dell’800) e di donna Arcangela Amato, che apparteneva ad una ricca e distinta famiglia potitese. La famiglia possedeva il principale Sali e Tabacchi di Piedimonte e godeva anche di una buona condizione economica. Il matrimonio, infatti, fu celebrato il 26 maggio del 1935 dallo zio materno di Gaetanino, il canonico don Giuseppe Amato e dall’allora Vescovo della Diocesi di Alife, mons. Luigi Noviello che per l’occasione visitò, per la prima volta, la comunità di Valle Agricola. Alla festa parteciparono le migliori famiglie del circondario e per tantissimo tempo se ne parlò come la più imponente festa nuziale della storia del paese. Il giorno successivo alle nozze, Gaetano e Consuelo partirono per il viaggio di nozze che avrebbe dovuto portarli in visita alla zona dei Laghi, in Lombardia, dopo essersi prima fermati a Roma per visitare la città e assistere ad una messa di papa Pio XI. Purtroppo, però, mentre stavano per lasciare Roma, un fonogramma li avvertì di fare rientro a Piedimonte per l’improvvisa scomparsa di donna Arcangela, madre di Gaetano. Anche se l’inizio della vita matrimoniale fu segnato inizialmente da questo lutto, il loro amore è stato benedetto dalla nascita di sette figli, dei quali, però, i primi due maschi (Carlo nel 1936 e Carlo Antonio nel 1938) morirono dopo poche settimane di vita, mentre gli altri cinque sono Arcangela, Anna, Antonio e (gemelli) Michele e Nancy. Gli affetti domestici, l’amore reverenziale per il marito e i sacrifici per allevare i figli nel migliore dei modi, hanno caratterizzato tutta la vita di Consuelo che si è sempre data da fare nel lavoro e nella gestione della casa, sia di quella avita nel centro di Piedimonte, presso il Teatro Mascagni, sia di quella di campagna a San Cassiano, dove la famiglia produceva ortaggi, frutta e vino e dove tutt’oggi vive, lontano dal trambusto cittadino e immersa nel verde. Un’altra esperienza importante vissuta dalla signora Consuelo è certamente quella del gennaio 1939, in occasione delle nozze del Principe ereditario Umberto di Savoia e della principessa belga Maria Josè di Sassonia Coburgo. Infatti, in occasione delle nozze, in tutt’Italia si organizzarono gruppi folkloristici che avrebbero dovuto sfilare davanti agli sposi, in segno d’omaggio da parte di tutte le regioni d’Italia. Tramite le conoscenze del padre podestà, la bella Consuelo fu scelta a rappresentare la zona del Matese a quello che fu chiamato “il Corteo delle Regioni”. Accompagnata dai genitori, il 6 maggio di quell’anno, Consuelo ebbe l’onore di partecipare al magnifico ricevimento al Quirinale che si tenne in onore degli sposi e il giorno dopo, insieme con altre 500 giovani donne provenienti da tutta la Nazione, sfilò nel pittoresco corteo con lo splendido costume tradizionale di Letino e con due magnifici orecchini pendenti di platino, uno dei quali fu smarrito proprio durante i festeggiamenti. Consuelo fu anche incaricata, tra tutte le partecipanti, di consegnare una bambola alla neo-sposa Maria Josè che, a sua volta, si tolse una spilla d’oro con lo stemma reale belga e lo regalò a Consuelo. Alla fine del corteo, dopo il lancio delle colombe, una speciale commissione composta di 6 gentiluomini di corte e di 4 dame, decretò che la donna più bella fra le 500 partecipanti al corteo fosse proprio la “Donna di Valle”. I giornali dell’epoca, infatti, pubblicarono una bellissima foto di Consuelo (di profilo, per non mostrare che aveva perso l’orecchino!), con il costume da “pacchiana”, scattata dal fotografo di corte in una sala di Palazzo Venezia con la seguente didascalia: «Donna di Valle (Benevento): la più bella d’Italia - 9 gennaio 1939». Dal 1946 al 1949, la signora Consuelo insegnò l’arte del filet presso la scuola artigiana detta “L’opera dei Piccoli Apostoli”, frequentata da bambini provenienti dalle classi più povere e dove i maschietti imparavano i rudimenti delle cosiddette “arti”, soprattutto le lavorazioni del legno e del ferro, mentre le bambine imparavano i lavori donneschi. Chiusa questa scuola, a Piedimonte fu aperta la scuola “San Giuseppe”, un altro importante centro d’addestramento professionale per i giovani, dove la signora Consuelo insegnò, oltre al filet, anche l’arte del ricamo e della confezione di coperte e drapperia, dal 1953 al 1960 e fu, poi, direttrice della scuola fino al 1964, quando fu soppressa. In seguito, lavorò presso l’azienda di confezioni di maglieria della sorella Antonietta, collaborando a stretto contatto con lei. Insomma, una vita lunga ed impegnata, quella della signora Consuelo che, proprio per essere stata fino ad oggi così lunga, ha attraversato momenti belli, come quello del successo professionale, affettivo e familiare dei figli (tra cui quello a livello nazionale della figlia Nancy Cuomo, celebre cantante, molto nota negli anni ’60 e ‘70 ma ancora in attività) e dei nipoti, ma anche momenti tristi, come la prematura comparsa dell’amatissimo marito Gaetano, mancato a 62 anni ne
l 1972. E se la signora Consuelo ha avuto la fortuna di arrivare a quest’importante traguardo, nonostante i normali acciacchi dell’età, in ottima forma, sia fisica che mentale, lo deve ad un segreto: un carattere deciso e paziente e un’ardente Fede che ancora oggi la sostiene e la da la motivazione giusta per svegliarsi ancora ogni mattina. Ma anche riuscire a prendere la vita con il giusto equilibrio e in armonia con tutti. La signora Consuelo è, infatti, amata da tutti, anche per il suo carattere gioviale, sempre accogliente, brillante e generoso. Chi ha avuto la fortuna di conoscerla, non può non amare il suo sorriso, il calore delle sue mani che ancora oggi sanno infondere tanta forza e ci raccontano la sua vita, la sua dignità di donna “di un tempo”, ma che riesce ancora a guardare il mondo con un occhio “moderno” e con la voglia di non scoraggiarsi mai e di regalare sempre un sorriso ad ognuno. E questo non è da tutti, davvero! Come non è da tutti arrivare lucidi e deambulanti al secolo di vita! Alla Nobil Donna Consuelo Vita Felice Amalia FETTA CUOMO, dunque, un augurio affettuoso perché può esibire con tanto orgoglio il suo secolo di vita e dimostrare insieme il vigore, l'energia e la vitalità sufficienti per ricominciare a contare gli anni da zero.
Gaetano Cuomo