Caserta. Leggiamo con piacere sulla stampa locale dell’inaugurazione della mostra “Terrae Motus, trent’anni dopo. Attualità di una collezione”, organizzata dalla Soprintendenza di Caserta e Benevento e dalla Provincia di Caserta. La mostra, composta da oltre 40 lavori, è esposta negli appartamenti storici della Reggia di Caserta, con un percorso a carattere geografico in relazione alla nazionalità degli autori ed è curata dalla Soprintendente Paola Raffaella David e da Gianni Mercurio. Parimente leggiamo, con altrettanto disappunto e dispiacere, l’annotazione di un’ assenza - tra le tante elencate quella del Sindaco e di altri - che fa rumore -, quale quella dell’ex soprintendente Gian Marco Jacobitti. Riteniamo utile sottolinearne un’altra, quella di Mons. Raffaele Nogaro, Vescovo Emerito di Caserta, neanche invitato. Facciamo questo non per vuota polemica e/o inutile piaggeria, ancorché nessuno dei due ne ha bisogno, ma per ben precise ragioni. La collezione, infatti, fu creata dal gallerista napoletano di fama internazionale Lucio Amelio che coinvolse artisti di tutto il mondo a rappresentare il terremoto dell’Irpina, mostra che, nel 1994, alla sua morte, fu donata interamente alla Reggia di Caserta. Il merito di questa scelta, principalmente va a due persone: l’architetto Jacobitti ed in misura rilevante al Padre Vescovo Nogaro. Donata a Caserta per un difficile rapporto con la sua Napoli, Lucio Amelio temeva, infatti, una possibile futura disattenzione della nostra città e, non a caso , con l’allora Sovrintendente Gian Marco Jacobitti, in piu’ riprese, volle incontrare, prima del suo lascito testamentario, il nostro Vescovo NOGARO identificando in Lui , cosa del tutto naturale, -la piu’ alta autorità morale, spirituale e culturale della città cui donava la sua collezione- pregandoLo - di difendere la presenza di un Tesoro di artisti di tutto il mondo, il mio grande amore-. Capì, l’artista, che piu’ che il vincolo notarile sarebbe valso il vincolo culturale e di riconoscenza che la città e la sua civitas avrebbero saputo e voluto intrecciare con la sua donazione. Per questo ci sorprendono le due rimarcate assenze. Non vorremmo, pertanto, che gli attuali vertici della nostra soprintendenza dimenticassero questo legame di Amelio con la nostra città e omettessero ogni loro sforzo per dare, dopo trent’anni, una sistemazione definitiva alla collezione tutta “Terrae Motus” , rimanendo, quella attuale, apertamente. <>. Vorremmo che, in futuro, per la collezione intera, - sono 71 le opere donate - si evitasse la vergogna di un suo abbandono, già denunciato nel passato cui fece seguito un’ispezione ministeriale e che si allontanasse per sempre, il pericolo di <> (leggi le dichiarazioni recenti del Direttore del museo MA.DRE di Napoli), e/o di traslochi e/o trasferte inammissibili. Vorremmo che , chiusa la mostra inaugurata oggi, si sapesse e si volesse superare una situazione da sempre assurdamente precaria, pensata finora con provvisorietà, e portata avanti con ignavia dalle autorità predisposte alla sua conservazione tra l’indifferenza di un’intera città (omettiamo per carità di patria, di chiamare in causa le amministrazioni cittadina e provinciale.
Pasquale Sarnelli