Apice (Benevento)- Nel Bel Paese non è difficile trovare vecchi borghi completamente abbandonati- perché distrutti dalla guerra o da forti terremoti, e mai più ricostruiti. A pochi km da Benevento, nel medio alto sannio, c’è un vecchio borgo diventato fantasma dopo i terremoti del 21 agosto del 1962 e del 23 novembre 1980. Entrambi alle 19:30 circa. A far sgomberare i 6500 abitanti, infatti, fu la sentenza dei tecnici del Ministero dei Lavori Pubblici che, temendo ulteriori crolli, ne ordinarono l’evacuazione. Il paese fantasma si chiama Apice. Un paese senza vita. Morto completamente. Dal 1980, data del sisma che sconvolse Campania e Basilicata, i residenti -abbandonarono le piccole e caratteristiche casette fatte di tufo e pietra- e si rifugiarono altrove, per poi sistemarsi definitivamente più a valle dove un longevo sindaco riuscì a far costruire interamente il paese. “Era un signore sindaco-racconta Tommaso Conza, 72 anni- unica anima vivente e sentinella del paese senza abitanti: si chiamava Luigi Bocchino- una persona colta, intelligente, lungimirante- che ha amministrato ininterrottamente Apice per ben 48 anni. Nel 1962- in occasione del primo terremoto- c’era lui come sindaco- il paese fu danneggiato dal sisma. Diversi viaggi a Roma- portando a casa la completa costruzione dell’intero paese- completato pochi mesi dopo il terremoto del 1980 (ndr.era sindaco sempre Bocchino)- che qui fece altri danni – costringendo le poche centinaia di persone rimaste nel borgo a trasferirsi nel nuovo paese- costruito interamente”. Andarono via tutti da questo borgo (definito la Pompei del “900”)- immerso nel verde. Si trasferirono tutti, abitanti, artigiani, commercianti- nel nuovo centro. A dire il vero -uno rimase incollato alla sua attività di artigiano, nel paese fantasma. Era proprio Tommaso Conza, barbiere dal 1952-quando a soli 15 anni mise piede nel salone- che poi avrebbe condotto per oltre mezzo secolo- e che ancora conduce (nel 2002 è stato premiato per i 50 anni di attività). “Il colpo di grazia, dopo il terremoto del 1980: Allora tutti abbandonarono il paese-racconta Tommaso, abitanti, commercianti, titolari d’imprese. Anch’io dovetti lasciare a malincuore la mia casetta-anche se mi aspettava una nuova casa”. Ma l’amore, il cuore battente per il borgo natio- lo convinse a rimanere nel borgo con il lavoro che svolgeva. “Amavo (e amo) troppo questo borgo per abbandonarlo completamente- e così decisi di rimanere con la mia attività”. Una scelta coraggiosa- quella di Tommaso- deciso più che mai a tenere aperto il salone in un paese diroccato, terremotato, non abitato nemmeno da una persona. Non mi sono mai scoraggiato- la fede in Dio- mi ha aiutato – ed ho continuato a lavorare. Ho cresciuto tre figli, che mi hanno regalato sei splendidi nipoti. Ci tenevo molto a tenere in vita questo borgo- e posso dire di esserci riuscito, con la mia presenza e dei miei clienti. Borgo che il comune (in collaborazione con la facoltà di Architettura di Venezia) con i fondi della Regione Campania- sta cercando di farne un museo. Per ora, in giro solo macerie, case pericolanti, insegne arrugginite di una macelleria, di un alimentari, di una sala biliardi, di un bar. Solo lo splendido maniero del 12° secolo è in fase di ultimazione. La giornata dell’anziano barbiere- comincia alle sei- con la sveglia, si lava, fa colazione e si infila nella vecchia Fiat 126 bianca (acquistata nel 1976)- che alle sette e trenta parcheggia ogni mattina nei pressi del salone- raggiungibile tra lavori in corso e transenne- nel vecchio borgo. Aperto anche la domenica mattina, per clienti che per la maggiore lavorano nelle campagne circostanti, affezionati a Tommaso.Un salone- museo, il suo- dove fa bella mostra una caratteristica doccia scozzese. “La comprai a Modena in una Fiera tanti anni fa- allora era roba d’avanguardia, ora d’epoca- ma funziona ancora che è una meraviglia”. Tifosissimo del Napoli calcio, lettore affezionato del quotidiano “Il Mattino”- comprato puntualmente tutti i giorni da decenni. Non meno curioso il posto telefonico pubblico- che gestisce all’interno del salone- con tanto di cabina. Qui l’ascia della Telecom, non ha colpito come in tutto lo stivale- si è sincronizzata con Tommaso: società telefonica che ha mostrato un poco di cuore-lasciando un servizio nel paese fantasma, privo di abitanti. “Vengo a farmi barba e capelli da Tommaso- dal 1956- racconta Raffaele Zullo- piombato poco dopo l’arrivo del cronista nel salone con il figlio Fiore, 31 anni, dall’età di due anni cliente del mitico barbiere- che seppure pensionato continua a pagare i contributi previdenziali. “Pago i contributi per lavorare ancora nel mio adorato paese che sono convinto - non morirà mai!”
Giuseppe Sangiovanni